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1375-1377

GIOVANNI de’ BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, capp. XXXVII-XXXVIII 

Tratto da: Giovanni Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, ed. a cura di E. Ardissimo, Commissione per i testi di lingua, Bologna 2001

 

L’ambasciata la quale impuose Giove a Mercurio per avere Europia. Capitulo XXXVII 

L’autore torna a sua materia della quale, per non interponete allegorie, è assai dilongato. Denanzi l’ordene lassò sì come Mercurio, partendose da Atena e da Erse, n’andò in cielo, dove, vedendolo, el dio Giove li disse: «Ben si’ tu venuto, io già più tempo t’ho aspettato e perciò non demorare niente, vanne in terra e vanne in Africa, nella quale provincia regna lo re Agenor, e quando che tu sarai lì, vederai l’armento el quale sta longo el mare, va e conducilo alla ripa del mare». Allora Mercurio cusì fece, e Giove discese dal cielo e trasmutòse in uno toro molto bello ed andò fra lle mandrie con gli altri tori. Madonna Europa, figliuola dello re Agenor, soleva ogni dì andare a giocare con quelli tori ed andando uno dì in quel luoco, Giove in forma de toro andò a lei con benigno ed umil volto. 

Come Giove trasformato in toro ne portò Europa. Capitulo XXXVIII 

Essendo Giove trasformato in toro e vedendo Europa, andò verso lei umile e suave, la donna se cominciò a meravigliare della sua mansuetudine e così prese l’erbe e davali magnare. El toro li leccava le mani, e la donna el cominciò a grattare fra le corna; el toro se colcò in terra e, posta che lli ebbe una girlanda in capo, sì li cavalcò adosso. Allora el toro se rizzò suso e sì la portava e, ridendo, Europa chiamava le compagne; e quando ella fu ben ferma sopra ‘l toro, el toro cominciò a entrare in mare e si la portava. La donna cominciò a tenerse con una mano alle corna e con l’altra su nella groppa, e chiamava le sue compagne che l’agiutassero, ma non poteano andare a elli per lo mare, ed in questo modo Giove la portò ne l’isula Dalon, e lì se ritornò in propria forma e lei tenne a sua voluntà quanto tempo fu de suo piacere. E qui se determina el testo delle fabule del secondo libro. 

Allegoria e terzadecima trasmutazione ed ultima del secondo libro. Segnata per O 

La terzodecima ed ultima allegoria è de Giove mutato in toro. Fulgenzio pone questa fabula belli libri soi e dice che lo re de Creti, cioè Giove, odendo la fama e la bellezza de questa donna, cioè de Europa, andò nel regno de Sidonia con una nave nella quale era dipento un toro. Ed applicato che fu alla ripa, mandò al palagio dello re Agenore uno savio uomo, facundo e bello dicitore, el quale fece tanto che Europa venne a vedere la nave e lla mercatanzia ch’ave arrecata. E com’ella andava sempre alla riva del mare, vedendo e contemplando le mercatanzie, Giove la rapì e portòla in Creti, e perché avea dipento nelle vele el toro, perciò fabulegia che Giove, trasformato in toro, ne portò e rapì Europa, figliuola dello re Agenore. E qui finiscono le allegorie del secundo libro.