57: Prometeo

Titolo dell'opera:   

Autore: Angelo Righi

Datazione: 1584

Collocazione: Orvieto, Palazzo Sforza Monaldeschi, salone della Caminata, soffitto

Committenza: Sforza Monaldeschi Della Cervara

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela

Soggetto principale: Prometeo ruba il fuoco celeste

Soggetto secondario: 

Personaggi: Prometeo

Attributi: torcia accesa, barba (Prometeo)

Contesto: cielo aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Satolli A., La pittura dell’eccellenza: prolegomeni ad uno studio su Cesare Nebbia nel suo tempo, in “Bollettino dell’Istituto Storico-Artistico Orvietano”, 36, 1980, pp. 17-252; Rigliani M., Palazzo Sforza Monaldeschi ad Orvieto. Indagine iconografica del Salone della Caminata, tesi di laurea, Cattedra di Iconografia e Iconologia, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1998-1999; Ruffini M., Orvieto – Palazzo di  Sforza Monaldeschi, in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 243-245

Annotazioni redazionali: La costruzione di Palazzo Sforza Monaldeschi ad Orvieto ebbe inizio intorno alla metà del XVI secolo su progetto di Simone Mosca, attribuzione ricordata dal Vasari, ma fu portata a termine non prima del 1574-75 sotto la direzione di Ippolito Scalza, come testimoniato da diversi contratti (Satolli, 1980). A partire dal 1584 – la data è testimoniata nell’affresco raffigurante la Nascita di Minerva nel salone della Caminata - furono affrescate alcune sale del piano nobile per la committenza di Sforza Monaldeschi della Cerdara che affidò l’incarico a Cesare Nebbia; questi ricoprì il ruolo di direttore del cantiere, fornendo i disegni preparatori e i cartoni per le scene, poi realizzate da diversi artisti che collaboravano con lui. È stata inoltre avanzata l’ipotesi che abbiano preso parte alla realizzazione del ciclo decorativo anche maestri conosciuti ed autonomi, come Paris Nogari e Giovan Battista Lombardelli. Il salone principale, chiamato della Caminata, è caratterizzato da un ricco ciclo decorativo suddiviso tra le pareti ed il soffitto ligneo a cassettoni; le prime presentano delle finte quadrature architettoniche scandite da colonne ioniche che inquadrano scene di soggetto storico e mitologico, mentre tra le colonne si trovano otto figure allegoriche dipinte a monocromo. Il soffitto invece è suddiviso in quindici cassettoni di forma irregolare, di cui otto scompartiti ulteriormente in quattro, ed è informato ad una tematica astrologica; i riquadri quadripartiti, su tavola, infatti ospitano i dodici segni zodiacali insieme a venti costellazioni, mentre quelli maggiori, su tela, soggetti mitologici, riconoscibili da cartigli che contengono versi classici relativi alla favola raffigurata, principalmente tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, ma anche citazioni di Virgilio ed Apuleio: Amore e Psiche, Crono, Apollo e Dafne, Icaro, Astrea e Prometeo. Al centro del soffitto infine si trova lo stemma della famiglia Sforza Monaldeschi, committente dell’opera. Il significato della decorazione rimanda alle concezioni astrologiche, ma anche astronomiche, dell’epoca secondo le quali la vita dell’uomo è influenzata dagli astri sin dalla nascita. Satolli (1980) infatti sostiene  che la successione delle immagini richiami quella delle stelle operata dal Citolini nella sua La Tipocosmia, stampata a Venezia nel 1561, e corrispondente alle concezioni classiche espresse da Tolomeo nel Tetrabilos in cui viene individuato l’influsso di ciascuna costellazione. Inoltre ritiene che lo Spaccio della bestia trionfante di Giordano Bruno possa gettare una luce significativa sul significato complessivo della rappresentazione, ma Rigliani (1998-1999) ha messo in evidenza la difficoltà legata alla diffusione del testo bruniano, proponendo la possibilità di indagarne la fonte diretta rintracciata in Strobeo. In ogni caso le figurazioni astrologiche concorrono alla celebrazione della figura del committente attraverso le qualità che derivano dalla posizione degli astri e delle costellazioni che ne influenzano la condizione, così come quelle mitologiche, in cui sono molteplici i riferimenti all’originaria condizione dell’umanità e alle diverse età del mondo in una celebrazione della capacità di elevarsi dell’uomo (Rigliani, 1998-1999). In questo contesto si inserisce la rappresentazione di Prometeo, colto nell’atto di allontanarsi dall’Olimpo, alluso da un globo luminoso in basso a sinistra, dal quale ha sottratto il fuoco divino dall’Olimpo. L’iscrizione Igneus est nostris vigor et caelestis origo seminibus, che accompagna l’immagine, sottolinea come proprio quel fuoco divino rubato dal Titano sia all’origine della scintilla divina presente nell’uomo stesso, scintilla che lo caratterizza come il primo tra le creature perché dotato di ragione e capacità di contemplazione.

Silvia Trisciuzzi