55: Prometeo

Titolo dell'opera:   

Autore: Giovanni Antonio Fasolo

Datazione: 1569-70

Collocazione: Custoza (VR), Eolia di Villa Trento

Committenza: Francesco Trento

Tipologia: dipinto murale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Prometeo ruba il fuoco celeste

Soggetto secondario: 

Personaggi: Prometeo

Attributi: torcia accesa, nudità (Prometeo)

Contesto:  

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Crosato L., Gli affreschi nelle ville venete del Cinquecento, Libreria Editrice Canova, Treviso 1962, pp. 108-109; Van der Sman G., L’Eolia di Villa Trento: arte e umanesimo letterario nel Vicentino, in “Arte Veneta”, 42, 1988, pp. 58-67; Brugnolo Meloncelli K., Battista Zelotti, Berenice, Milano 1992, p. 139; Ciarrocca F., Custoza (VR) – Eolia di Villa Trento, in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 180-181

Annotazioni redazionali: Villa Trento, ora Carli, fu costruita nel corso del ‘400 dalla famiglia Morlini che cambiò il proprio cognome in Trento a metà del XVI secolo dal nome della città di provenienza dalla quale si era trasferita per vivere a Vicenza (Van der Sman, 1988). Della costruzione originaria non rimane nulla se non la cappella e un annesso padiglione conosciuto con il nome di Eolia, benché esso si riferisca in maniera specifica ad una sala sotterranea refrigerata per mezzo di condotti sotterranei collegati con delle grotte vicine. Al di sopra sorge una sala di forma cubica, riccamente decorata, chiamata Stanza Apolline con un colto riferimento alla classica aula romana di Lucio Licinio Lucullo, personaggio dai numerosi interessi culturali permeati di filoellenismo. La scelta di questo nome dichiara quindi la cultura umanistica del committente del ciclo decorativo: Francesco Trento, personaggio di spicco della società vicentina, appartenente all’Accademia dei Costanti dal 1556, che fece costruire il complesso come piacevole luogo di svago per sé e per il proprio colto circolo, la cosiddetta Accademia di Custoza, la quale, nonostante il nome, si definisce più come un raffinato circolo privato che come un’accademia vera e propria retta da un rigoroso statuto (Van der Sman, 1988). L’interesse principale del gruppo era la poesia, come denuncia il nome stesso della sala ed i riferimenti costanti, nei componimenti poetici, al dio Apollo e all’Elicona, all’interno di un culto umanistico per la classicità che investe anche la celebrazione delle vita in villa e del proprietario attraverso il topos tradizionale del locus amoenus. Gli affreschi della stanza Apolline sono strettamente connessi al raffinatissimo circolo culturale che si riuniva in quei luoghi. Le pareti sono scandite da colonne corinzie che poggiano su di un alto basamento e che sostengono un architrave da cui si dipartono le quattro vele che scandiscono la volta. Questa è caratterizzata da una ricca decorazione che finge illusionisticamente una suddivisione architettonica in vele scandite da costoloni che terminano con delle maschere. Ciascuna vela presenta al centro una delle Stagioni all’interno di una finta nicchia; l’Autunno e la Primavera sono circondati da due cariatidi che sostengono due figure maschili seminude, mentre l’Inverno e l’Estate  sono sormontati da un busto femminile inserito in una conchiglia e contornati da putti reggifestoni. Ai lati delle Stagioni si trovano alcune divinità con i rispettivi carri e accompagnate da diversi segni zodiacali, particolari che le connotano come divinità planetarie, tanto che è stato proposto che l’ordine in cui sono disposte, e cioè Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno, corrisponda a quello dei cicli ai quali sono preposte (Van der Sman, 1988; Ciarrocca, 2003; diverso il riconoscimento proposto da Crosato, 1962: Giove, Crono, Cupido, Leda, Diana, Vulcano, Marte e Aurora). Bisogna sottolineare che accanto a Venere si trova anche Cupido con gli Amorini. Il centro della volta è occupato da un ottagono incorniciato in cui è raffigurato Prometeo che ruba il fuoco celeste. Per quanto riguarda l’autore degli affreschi si è pensato per lungo tempo ad una divisione del ciclo tra Battista Zelotti, che avrebbe realizzato le finte partiture architettoniche e le Allegorie delle Stagioni, e Giambattista Maganza, chiamato il Magagnò, autore delle divinità planetarie e del Prometeo nell’ottagono centrale. Ad avvalorare questa attribuzione concorrevano i conosciuti rapporti di amicizia tra il Magagnò e Francesco Trento, ma soprattutto un componimento poetico del pittore che celebrava proprio l’Eolia. Ma il ritrovamento presso l’Archivio di Stato di Vicenza di un documento datato al 20 febbraio 1570 ha consentito di individuare in maniera certa  l’autore degli affreschi in Giovanni Antonio Fasolo  per la committenza di Francesco Trento (Brugnolo Meloncelli, 1992). Van der Sman collega a questo documento un testo, intitolato “Disegno delle pitture che sono nella stanza Apolline edificata sopra l’Elolia”, che ritiene essere il programma iconografico complessivo secondo il quale dovevano essere conclusi gli affreschi, redatto dallo stesso Francesco Trento. In esso è chiaramente spiegato che il significato del ciclo fosse quello di rappresentare l’influsso degli astri sulla vita degli uomini nati sotto ciascuna divinità planetaria con i rispettivi segni zodiacali. La stessa interpretazione delle scene è data dal primo commentatore degli affreschi: Francesco Ruggeri che descrisse la stanza prima che le pareti fossero ridipinte con delle specchiature marmoree, coprendo così la rappresentazione dei “figli” dei diversi pianeti (Van der Sman, 1988). Francesco Ruggeri individua correttamente anche il soggetto dell’ottagono centrale come Prometeo che ruba il fuoco celeste, sottolineando lo sguardo cupo del Titano che sembra allontanare la torcia accesa dai venti che caratterizzano la sala e che potevano estinguere la fiamma, mentre Crosato (1962), seguita da Brugnoli Meloncelli (1992), vi ha visto la figura di Eolo. L’iconografia della scena è tradizionale, con il Titano, barbuto e nudo, sospeso tra le nubi, ma già rivolto verso la terra ad indicare la destinazione ultima del suo furto. All’interno del significato complessivo del ciclo Prometeo ricopre il tradizionale ruolo di benefattore dell’umanità e di introduttore delle scienze e delle arti, emblema di quella capacità razionale che caratterizza l’uomo e che gli consente di comprendere chiaramente l’universo in cui è inserito, con i suoi cicli naturali, rappresentati dalle Stagioni, e cosmici, rendendolo non solo soggetto ad esso, ma sua parte integrante in un’armonia che collega il mondo celeste e quello terrestre.

Silvia Trisciuzzi