Titolo dell'opera: Prometeo ruba il fuoco divino dal carro di Apollo
Autore: Filippino Lippi
Datazione: prima metà degli anni ’90 del 1400
Collocazione: Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
Committenza:
Tipologia: disegno
Tecnica: punta di metallo con lumeggiature a biacca
Soggetto principale: Prometeo ruba il fuoco celeste
Soggetto secondario:
Personaggi: Prometeo, Apollo
Attributi: fiaccola accesa (Prometeo); carro del Sole (Apollo)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Pisi P., Prometeo nel culto attico, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1990; Nelson J., Prometeo ruba il fuoco divino dal carro di Apollo, in Barocchi P., a cura di, Il giardino di San Marco. Maestri e compagni del giovane Michelangelo, catalogo della mostra (Firenze, Casa Buonarroti, 30 giugno-19 ottobre 1992), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 1992, p. 135 n. 29; Goldner R. G.-Bambach C. C., The drawings of Filippino Lippi and His Circle, catalogo della mostra (New York, Metropolitam museum of art, 27 October 1997-11 January 1998), Metropolitan Museum of art, New York 1997, p. 242 n. 68; Nelson J. K., Prometeo ruba il fuoco divino dal carro di Apollo,in De Vecchi P.-Arasse D.-Nelson J. K., a cura di, Botticelli e Filippino: l'inquietudine e la grazia nella pittura fiorentina del Quattrocento, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Luxembourg, 1 ottobre 2003-22 febbraio 2004, Firenze, Palazzo Strozzi, 11 marzo-11 luglio 2004), Skira, Milano, 2004, p. 262
Annotazioni redazionali: Il disegno a punta di metallo è attribuito con certezza a Filippino Lippi, ed è datato ad un’epoca tarda all’interno della sua produzione, più precisamente la prima metà degli anni ’90 del 1400. La scena rappresenta, come riconosce unanimemente la critica, il furto del fuoco celeste ad opera di Prometeo, momento del mito molto antico, ma che godette di scarsa fortuna figurativa in epoca classica. L’iconografia del disegno è chiaramente influenzata dalle Genealogiae deorum del Boccaccio (Promfm14), testo fondamentale per la trasmissione del mito prometeico che introduce importanti innovazioni interpretative, riprese e sviluppate dai pensatori rinascimentali. Il riferimento al testo del poeta toscano è denunciato dalla centralità assegnata al carro del Sole, una variante iconografica inserita da Servio (Promfc44) e Fulgenzio (Promfm01) e ripresa per tutta l’epoca medioevale. Nel disegno Prometeo, in abiti quattrocenteschi, ha già acceso dalle ruote del carro di Apollo, tirato da quattro cavalli incitati dal dio panneggiato all’antica, una torcia che brucia con lunghe fiamme e che allude alla prossima animazione dell’uomo. Il fuoco trasmesso da Prometeo, o meglio la luce, diviene il cardine di una nuova interpretazione del mito che ha inizio proprio con Boccaccio: il Titano diviene infatti il sapiente chiamato ad elevare l’umanità da una condizione di brutalità originaria in una profonda celebrazione delle facoltà razionali dell’uomo. Un’interpretazione simile percorre il pensiero di Marsilio Ficino (Promfr03) che vede nel Titano il dispensatore di quelle discipline umane che si trovano in Dio (“mentem nostram et rationem ad sapientiam convertit civilemque peritiam, praesertim cum ab artium primarum industria mens et ratio ad maiora excitetur in nobis atque paretur”), ma con una sfumatura pessimistica: Prometeo infatti è torturato proprio da quel fuoco della ragione, acquisito con l’aiuto di Minerva, che simboleggia la continua e laboriosa ricerca del sapiente che avrà fine solamente nella vita ultraterrena nella quale sarà immerso totalmente nella luce divina. La facoltà razionale dell’uomo è quindi allo stesso tempo segno di elevazione, in quanto deriva da Dio stesso, ma anche di limitatezza, poiché è condizionata dalla corporeità, fattore quest’ultimo che segna l’infelicità profonda dell’esperienza terrena. Il disegno di Filippino Lippi si inserisce proprio in questo contesto interpretativo, ma soprattutto trova il suo ambiente di produzione nella colta cerchia di Lorenzo il Magnifico; infatti alcuni particolari rimandano chiaramente all’ambiente mediceo, come il carro di Apollo che ha come modello un’antica gemma incisa della collezione di Lorenzo e che si ritrova anche in un fregio di terracotta realizzato per la villa di Poggio a Caiano da Bertoldo di Giovanni (Nelson, 1992). Secondo Nelson, il disegno potrebbe costituire un’importantissima testimonianza dei perduti affreschi della Villa Medici di Spedaletto del Ghirlandaio che avevano come soggetto Vulcano, dio del fuoco che presenta delle analogie con Prometeo, sebbene la connessione tra i due sia tutt’altro che chiarita dalla critica. La questione riguarda la figura di Prometeo come protettore degli artigiani che lavorano con il fuoco, interpretazione a lungo sostenuta dalla critica, ma che non trova riscontri incontrovertibili (Pisi, 1990). È molto probabile invece che il disegno sia l’unica rappresentazione quattrocentesca del mito prometeico e la fonte dei più antichi dipinti di tale soggetto in epoca rinascimentale, i pannelli realizzati da Piero di Cosimo (Cfr. scheda opera 29 e scheda opera 30).
Silvia Trisciuzzi