22: Prometeo

Titolo dell'opera:   

Autore: Antonio Averlino, detto il Filarete

Datazione: 1433-1445

Collocazione: Città del Vaticano, Basilica di S. Pietro, porta bronzea di S. Pietro, anta destra, bordo sinistro

Committenza: papa Eugenio IV Condulmer (1431-43)

Tipologia: scultura

Tecnica: rilievo in bronzo

Soggetto principale: Prometeo crea il primo uomo

Soggetto secondario: 

Personaggi: Prometeo

Attributi: barba, uomo (Prometeo)

Contesto:  

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Roeder H., The borders of Filarete’s bronze doors to St. Petere’s, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, X, 1947, pp. 150-163; Lord C., Solar imagery in Filarete’s doors to St. Peter’s, in "Gazette des Beaux-Arts", LXXXVII, 118, 1976, pp. 143-150; Parlato E., Il gusto all’antica di Filarete scultore, in Cavallaro A.-Parlato E., a cura di, Da Pisanello alla nascita dei Musei Capitolini. L’Antico a Roma alla vigilia del Rinascimento, catalogo della mostra (Roma, Musei Capitolini, 24 maggio-19 luglio 1988), De Luca, Roma 1988, pp. 115-123; Blänsdorf J., Petrus Berchorius und das Bildprogramm der Bronzetüren von St. Peter in Roma, in Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit; der antike Mythos in Text und Bild, Internationalen Symposion der Werner Reimers-Stiftung, Bad Homburg v.d.H., Berlino 1991, pp. 12-35; Cieri Via C., La casa del Sole. Fonti e modelli per un’iconografia mitologica, in Rossi S.- Valeri S., a cura di, Le due Rome del Quattrocento: Melozzo, Antoniazzo e la cultura artistica del '400 romano, atti del convegno (Roma, Università La Sapienza, Facolta di lettere e filosofia, Istituto di storia dell'arte, 21-24 febbraio 1996), Lithos, Roma 1997, pp. 245-255; Calzona L., Roma, Città del Vaticano, Basilica di San Pietro – Portale, in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003 pp. 311-313

Annotazioni redazionali: Filarete realizzò la porta bronzea per la basilica di San Pietro per volere di papa Eugenio IV Condulmer in un periodo di tempo che va dal 1433 al 1445; il programma decorativo è estremamente complesso e presenta molteplici aspetti  legati alla celebrazione della Chiesa e del suo pontefice con una sottolineatura del potere papale discendente da Cristo stesso e dalla successione apostolica di cui la basilica stessa è un evidente emblema. A questo centro concettuale sono accostate tematiche in un certo senso minori, in quanto occupano lo spazio riservato agli elementi decorativi veri e propri, derivate dalla letteratura classica in un recupero dell’antico che è manifestato anche dalla tipologia stessa del monumento. La porta è suddivisa in quattro riquadri maggiori di forma rettangolare che accolgono le scene principali: in alto le fondamenta stesse della teologia  ecclesiale, Cristo che ne è il fondatore, e Maria, emblema della Chiesa, raffigurati in trono; nel registro inferiore, i santi Pietro e Paolo con gli attributi tradizionali delle chiavi e della spada, rappresentano la successione apostolica che conduce fino al pontefice dell’epoca, Eugenio IV, raffigurato in ginocchio ai piedi del primo pontefice. Al di sotto si trovano due riquadri di dimensioni minori con le scene del martirio dei due apostoli che ne ricordano il lascito spirituale, ma anche la fondazione delle basiliche a loro dedicate nel luogo del martirio secondo la tradizione. La connessione con la storia contemporanea, ed in particolare con il pontefice Eugenio IV, è espressa in quattro ulteriori riquadri che si trovano al di sotto dei pannelli maggiori in cui compaiono episodi significativi per l’affermazione del potere del papato: L’incontro tra Giovanni VIII Paleologo ed Eugenio IV; L’incoronazione dell’imperatore Sigismondo nel 1433; Il Concilio di Firenze del 1437; L’Abate Andrea d’Egitto a Roma. Intorno alla decorazione scultorea centrale corre un festone continuo a volute di acanto, uno per ciascun battente della porta, in cui si trovano ritratti di profilo degli antichi imperatori romani ed episodi storici, mitologici e bucolici tratti dai principali autori classici, come Ovidio, Igino, Livio, Valerio Massimo e Virgilio, ma anche dalle Favole di Esopo, riconosciuti per la prima volta da Jacopo Grimaldi nel XVII secolo. Proprio questi elementi decorativi all’antica hanno creato dei problemi interpretativi sul significato complessivo del programma iconografico della porta; si è pensato che la presenza di episodi mitologici, per altro ancora oggi non completamente individuati, associati a tematiche sacre, fosse da ricondurre all’interpretazione allegorica e cristianizzata della mitologia classica operata principalmente in testi come l’Ovidius Moralizatus di Petrus Berchorius (Promfm13) e l’Ovide moralisé (Promfm12); il fregio, pur nell’evidente riferimento al mondo classico, costituirebbe dunque un articolato programma enciclopedico di origine medioevale (Parlato, 1988). È stato però notato che l’interpretazione moralizzata tipica di questi testi non rende conto di tutti i soggetti rappresentati che rimandano ad una tradizione testuale complessa ed eterogenea; ciò che è evidente è un riferimento alla cultura classica nella lettura che il Filarete stesso fornisce nel suo Trattato di Architettura in cui vengono enunciati i miti appropriati all’apparato decorativo del Palazzo del Signore, sulla scorta della descrizione ovidiana del Palazzo del Sole (Met., II, 1-19); tra di essi figurano diversi miti relativi alla creazione i cui protagonisti sono connotati come artefici e inventori, come Vulcano, Atlante, Dedalo e Prometeo. Proprio il Titano, rappresentato nell’atto di creare il primo uomo, è presente tra i miti inseriti tra i girali dell’anta destra, sul lato sinistro, della porta bronzea; caratterizzato da una lunga barba e coperto da un solo drappo che gli copre le gambe, come è tipico nelle rappresentazioni classiche nelle quali si vuole evocare la figura del sapiente, Prometeo è colto nell’atto di scolpire - in mano infatti ha un martello - il corpo del primo uomo, disteso al suolo ancora inanimato. L’iconografia della scena è di derivazione classica -si trova infatti in diverse gemme italiche ed etrusche così come in alcuni sarcofagi romani (Cfr. scheda opera 08, scheda opera 11, scheda opera 13, scheda opera 14 e scheda opera 15) -, ma la definizione di Prometeo come scultore è tipica dell’approccio evemeristico alla mitologia classica: sono infatti Lattanzio (Promfc39), Isidoro di Siviglia (Promfm03) e Petrus Comestor (Promfm08) a ricondurre l’atto creativo che la letteratura classica, sebbene non la più antica, assegnava al Titano ad un contesto razionalistico privo di un qualunque contenuto religioso, interpretandolo come l’invenzione dell’arte plastica.

Silvia Trisciuzzi