21: Prometeo

Titolo dell'opera:   

Autore: Leonardo da Besozzo

Datazione: 1435-1442

Collocazione: Milano, Collezione Crespi (già Collezione Carlo Morbio)

Committenza: 

Tipologia: illustrazione

Tecnica: miniatura

Soggetto principale: Prometeo e l’uomo

Soggetto secondario: 

Personaggi: Prometeo

Attributi: uomo, barba lunga (Prometeo)

Contesto:  

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Raggio O., The Myth of Prometheus. Its survival and metamorphoses up to the eighteenth century, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, 21, 1958, p. 52; Seznec J., La sopravvivenza degli antichi dei, Bollati Boringhieri, Torino 2001 ( I ed. 1940) pp. 24-30; Toesca P., La pittura e la miniatura nella Lombardia dai più antichi monumenti alla metà del Quattrocento, Hoepli, Milano 1982, pp. 482-488; Scalabroni L., Masolino a Montegiordano: un ciclo perduto di Uomini Illustri, in Cavallaro A.-Parlato E., a cura di, Da Pisanello alla nascita dei Musei Capitolini. L’Antico a Roma alla vigilia del Rinascimento, catalogo della mostra (Roma, Musei Capitolini, 24 maggio-19 luglio 1988), De Luca, Roma 1988, pp. 63-72

Annotazioni redazionali: La miniatura appartiene al corredo illustrativo della cosiddetta Cronaca Crespi miniata da Leonardo da  Besozzo tra il 1435-1442. Il testo, intitolato Imagines virorum illustrium usque ad Bonifatium octavum, si inserisce all’interno di un genere particolare, le Cronache Universali, che mirava a reintegrare i personaggi mitologici e storici della cultura classica all’interno delle generazioni bibliche con un approccio di tipo evemeristico. Prometeo, personaggio centrale della mitologia classica, è reinterpretato in chiave razionalistica già nella Biblioteca di Diodoro Siculo (Promfc15) in cui è presentato come un governatore dell’Egitto, tormentato dai continui straripamenti del Nilo che danneggiano i terreni da lui amministrati; il fiume era chiamato all’epoca Aëtus, proprio come l’aquila che tortura Prometeo, e l’intervento di Eracle quindi consiste semplicemente nel ricondurlo nel proprio letto. Questo approccio è ripreso dai Padri della Chiesa, in particolare da Sant’Agostino (Promfc40), e percorre gli scritti dei principali autori medioevali, come Lattanzio (Promfc39), Isidoro di Siviglia (Promfm03), Adone di Vienne (Promfm04) e Petrus Comestor (Promfm08). Ciò che accomuna questi testi è la volontà di ricondurre l’azione di Prometeo, plasmatore del primo uomo o inventore del primo anello, ad un contesto non più religioso, bensì di celebrazione dei grandi benefattori dell’umanità. La Cronaca Crespi è caratterizzata in ogni foglio da una suddivisione dei personaggi su tre registri, ciascuno dei quali riconoscibile per mezzo di tituli in caratteri semigotici su un fondo di colore blu oltremare. L’importanza del codice inoltre è legata al fatto che per molti studiosi sia una testimonianza grafica di cicli pittorici andati perduti: il ciclo di Giusto de’ Menabuoi nella Cappella degli Eremitani a Padova (Seznec, 1980), quello dei Giganti di Paolo Uccello a Palazzo Vitaliani a Padova o quello di Masolino in Palazzo Orsini di Montegiordano (Scalabroni, 1988). Nella Cronaca Prometeo appartiene al gruppo dei personaggi illustri della Terza Età, quella che va dal patriarca Abramo al re David, ed è presentato come un saggio barbuto, secondo un’iconografia di derivazione classica consueta nelle scene che rappresentano la creazione del primo uomo (Cfr. scheda opera 08, scheda opera 11, scheda opera 13, scheda opera 14, scheda opera 15 e scheda opera 18), vestito come un magister scholae - abbigliamento ripreso in un’incisione che correda un codice a stampa contenente le Tusculanae Disputationes di Cicerone del 1510 (Cfr. scheda opera 27) - tiene sul palmo della mano sinistra una statuetta di forma umana che sembrerebbe già animata per il gesto della mano rivolto verso Prometeo ed il capo inclinato. A sua volta il Titano sembra benedire la sua creazione con la mano destra, come a sottolineare l’altissimo valore dell’uomo di cui egli è stato il principale benefattore. Questa iconografia deriva dai rilievi delle fronti di sarcofagi romani del III sec. d.C. (Cfr. scheda opera 13, scheda opera 14 e scheda opera 15) e  presenta delle notevoli affinità con le raffigurazioni del mito di Pigmalione. Le analogie figurative più stringenti si trovano con un disegno contenuto nel Codice Panciatichi 63, conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e datato alla seconda metà del Trecento-primi anni del Quattrocento, che mostra Pigmalione che tiene nel palmo della mano una statuetta in una posa molto simile a quella della miniatura di Leonardo da Besozzo (Cfr. Pigmalione).

Silvia Trisciuzzi