Titolo dell'opera:
Autore:
Datazione: fine del I sec. a.C.
Collocazione: Roma, Museo Nazionale Romano (proveniente da Villa Doria Pamphili)
Committenza:
Tipologia: dipinto murale
Tecnica: affresco
Soggetto principale: Prometeo è liberato da Ercole
Soggetto secondario:
Personaggi: Prometeo, Ercole, Minerva
Attributi: nudità, barba lunga, vincoli, aquila (Prometeo); arco, frecce, faretra (Ercole); egida, elmo, scudo con la gorgone (Minerva)
Contesto: paesaggio montuoso
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Bendinelli G., Le pitture del Colombario di Villa Pamphili, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1941; Torelli M.- Zevi F., ad vocem Roma, Via Aurelia, in Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale, Treccani, Roma, 1965, vol VI, p. 894; Catalli F., Villa Pamphili: una nuova scoperta archeologica, in “Archeologia laziale”, 8, 1987, p. 148; Ling R., The paintings of the columbarium of Villa Doria Pamphili in Rome, in Functional and spatial analysis of wall painting, Atti del convegno (V International Congress on ancient wall painting, Amsterdam, 8-12 september 1992), Stichting Babesch, Leiden 1993, pp. 127-135; Gisler J. R., ad vocem Prometheus, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Artemis Verlag, Zurich-München, 1994, vol. VII, p. 551; Benocci C., a cura di, Villa Doria Pamphili, Archivio Storico Culturale del Municipio Roma XVI, Art Color Printing, Roma 2005, pp. 23-24
Annotazioni redazionali: Il Colombario Maggiore di Villa Doria Pamphili è un vasto edificio sepolcrale ipogeo di età augustea, con una capienza di circa 500-600 deposizioni – 650 per Ling (1993) - la cui conservazione è strettamente legata alla costruzione della Villa stessa, in particolare del Casino del Bel Respiro. Scoperto nel 1838, infatti, era già privo della copertura a botte quasi sicuramente affrescata e del corredo funebre interno. La struttura presenta una pianta irregolare, a forma di L; le pareti si innalzavano per circa sette-otto ordini di nicchie sepolcrali, ma oggi ne sono conservati solamente sei. Sotto ogni loculo si trova una tabula ansata con il nome del defunto – quattro sono invece in marmo – e le file sono intervallate da fasce decorative affrescate in cui la maggior parte delle scene è spartita per mezzo di linee di contorno rosse; tale suddivisione infatti non riguarda i soggetti mitologici del quarto e quinto livello della parete maggiore interrotta. Il ciclo decorativo è caratterizzato da una discreta varietà di soggetti, come paesaggi, nature morte, scene con pigmei, teatrali e di vita quotidiana, soggetti mitologici, tra cui la liberazione di Prometeo ad opera di Ercole. La critica è concorde nel ritenere che non vi fosse un programma iconografico unitario – secondo Ling (1993), alcune scene non sono riconducibili alla tradizione figurativa funebre – e che la successione delle scene sia legata piuttosto ad una volontà puramente decorativa. Inoltre è stata riconosciuta la presenza di due artisti, riconducibili al tardo II stile, sebbene gli affreschi siano per la maggior parte eseguiti da un’unica mano, ad esclusione dei soggetti mitologici. La liberazione di Prometeo, accostata al mito dei Niobidi, presenta un’iconografia consueta per questo momento del mito di cui il monumento più celebre è il gruppo scultoreo di Pergamo (Cfr. scheda opera 10). Il Titano, nudo e con una lunga barba ad indicare l’estrema durata del supplizio, è avvinto ad una roccia, particolare che deriva dalla fonte eschilea (Promfc04), con le braccia in croce e la gamba sinistra piegata. Accanto a lui, un’aquila con le ali chiuse è posata su uno sperone della roccia e con il becco gli tormenta il fianco da cui goccia del sangue. Sulla destra, proprio come nell’esemplare pergameno, Ercole è presentato di spalle colto nell’atto di scagliare la freccia che libererà il Titano dal suo tormento, assistito nell’impresa da Minerva, riconoscibile attraverso i consueti attributi.
Silvia Trisciuzzi