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CHARLES DE BOVELLES, Liber de sapiente, cap. VIII

Testo tratto da: Bovelles C. de, Il libro del Sapiente, a cura di Garin E., Giulio Einaudi Editore, Torino 1987. 

Cap. VIII, Il progresso è il pegno del sapiente

Il sapiente coltiva secondo le proprie forze l’uomo terreno che riceve da natura. Ne trae l’uomo celeste: dalle tenebre suscita lo splendore, dalla potenza l’atto, dal principio la fine, dalla forza riposta le opere, dalla natura l’intelletto, dal cominciamento la perfezione, dalla parte il tutto e, finalmente, dal seme il frutto. A questo proposito infatti imita il famoso Prometeo che, come cantano le favole dei poeti, ammesso un tempo per concessione degli dèi o per acume di mente e d’ingegno ai tàlami etèrei, dopo aver compiutamente indagato con una grande attenzione le celesti dimore, non trovò in esse niente di più sacro, di più prezioso e di più fecondo del fuoco. Rubato di lì quest’elemento, che gli dèi rifiutavano con tanto rigore agli uomini, lo introdusse nel mondo e con esso animò l’uomo di fango e d’argilla che prima aveva formato. Così anche il sapiente, abbandonando il mondo sensibile per forza di contemplazione, e penetrando nella reggia del cielo, trae nel mondo terreno il fuoco splendentissimo di sapienza concepito nel grembo della mente immortale, e per quella pura e fecondissima fiamma l’uomo naturale e terreno, che è in lui, acquista vigore, si scalda, si anima.