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65-8 a.C.

ORAZIO, Odi, I, 3, 25-28; I, 16, 13-16; II, 13, 37; II, 18, 32- 36

Testo tratto da: Orazio, Le Opere, a cura di Colamarino T.- Bo D., Utet, Torino 1957.

I, 3, 25-28

Audace il figlio di Giapeto col dannoso suo furto, procurò il fuoco alle genti.

I, 16, 13-16

Si dice che Prometeo, costretto ad aggiungere alla primitiva argilla una particella distaccata da ciascun animale, cacciasse nel nostro petto petto anche la violenza del furibondo leone.

II, 13, 37

Chè anzi pure Prometeo e il padre di Pelope dimenticano a quelle dolci note il loro tormento… (udire canti di battaglia e fine dei tiranni, in generale per ascoltare la poesia).

II, 18, 32- 36

La terra si dischiude imparziale, così al povero, come ai figli dei potenti; né il guardiano dell’Orco, adescato dall’oro, riportò indietro Prometeo, per accorto che fosse.