III sec. a.C.
APOLLONIO RODIO, Argonautiche, II, 1247-1259; III, 844-866, 1085-1089
Testo tratto da: Apollonio Rodio, Le Argonautiche, a cura di Paduano G. e Fusillo M., traduzione di Paduano G., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1986
Libro II, 1247-1259
E già ai naviganti appariva il seno segreto del Ponto,
e si levavano le cime impervie dei monti del Caucaso,
là dove – le membra inchiodate dalle catene di bronzo
all’aspra roccia- Prometeo nutriva col proprio fegato l’aquila,
che sempre e sempre tornava a scagliarsi contro di lui.
La videro, a sera, volare vicino alle nuvole,
con uno stridore acuto, alta sopra la nave,
eppure sconvolse tutte le vele col battito delle sue ali,
perché non aveva natura d’uccello del cielo,
ma muoveva le ali simili a remi politi.
Poco dopo udirono anche la voce, il lamento
del Titano straziato nel fegato; dei suoi gemiti
risuonava l’aria, finchè di nuovo dal monte
videro l’aquila ingorda scagliarsi allo stesso bersaglio.
Libro III, 844-866
E mentre le ancelle preparavano il carro,
[Medea] estrasse dal profondo del suo cofanetto
il filtro che, dicono, porta il nome di Prometeo.
Chi, dopo essersi propiziata Daira,
la dea unigenita, con sacrifici notturni,
ne unge il corpo, non è vulnerabile ai colpi
del bronzo, né cede all’ardore del fuoco:
ma per tutto quel giorno è più forte e più grande.
Nacque la prima volta quando l’uccello carnefice
Fece colare a terra, sulle montagne del Caucaso,
il sangue divino dell’infelice Prometeo.
Crebbe un fiore alto un cubito, che ha lo stesso colore
del croco coricio, e poggia su un duplice stelo;
dentro la terra, la radice pareva
carne appena tagliata. L’umore, simile al succo nero
delle querce, Medea lo aveva raccolto,
per farne un filtro, in una conchiglia del Caspio,
e si bagnò sette volte nelle acque perenni,
e sette volte invocò la dea Brimo, la grande nutrice,
Brimo notturna, infernale, la regina dei morti,
nella notte nera, coperta da abiti neri.
E quando tagliò la radice nata dal sangue titanico,
la terra scura si scosse con un muggito profondo;
e gemette lo stesso figlio di Giapeto, angosciato dalla sofferenza.
Libro III, 1085-1089
C’è una regione, circondata da altissimi monti,
ricca di greggi e di pascoli, dove Prometeo,
figlio di Giapeto, generò il buon Deucalione,
che per primo a fondò una città e innalzò templi
agli dei immortali, e per primo fu re di uomini.