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IV sec. a.C.

PLATONE, Protagora, 320 d- 322a

Testo tratto da: Platone, Dialoghi filosofici, vol. 1, a cura di Cambiano G., Utet, Torino 1970

Vi era un tempo in cui esistevano gli dèi, ma non ancora razze mortali. Quando anche per queste giunse il tempo destinato alla generazione, gli dèi le plasmarono all'interno della terra, mescolando terra fuoco e gli elementi che si combinano col fuoco e con la terra. Immediatamente prima di portarle alla luce, incaricarono Prometeo ed Epimeteodi ordinarle e di distribuire ad ognuna le possibilità confacenti. Epimeteo pregò Prometeo di lasciargli il compito della distribuzione: "Dopo che avrò distribuito, disse, tu verrai a controllare". Ottenuto il suo consenso, si mise all’opera. Nella distribuzione assegnò ad alcuni la forza senza la velocità; ad altri più deboli assegnò la velocità;  per altri, che aveva provvisti di natura inerme, escogitò qualche altra possibilità di conservazione. Agli animali che foggiava piccoli concedeva ali  per la fuga o un’abitazione sotterranea; a quelli che faceva grandi di corpo, dava modo di conservarsi con la loro grandezza. Così distribuì le altre doti in modo che si compensassero. Escogitandole, aveva la precauzione che nessuna razza si estinguesse. Dopo che le ebbe dotate in modo che sfuggissero alla distruzione reciproca, elaborò espedienti di difesa contro le intemperie del cielo: rivestì le razze di fitto pelame e di dure pelli, sufficienti  a proteggere dall’inverno, ma capaci anche di difendere dai calori estivi, e fece in modo che questi rivestimenti costituissero, quando andavano a dormire, coperte proprie e naturali. E calzò alcune di zoccoli, atre di pelli spesse e senza sangue. In seguito fornì ad ogni specie cibi diversi: ad alcune l’erba della terra, ad altre i frutti degli alberi, ad altre ancora le radici. E ve ne sono altre alle quali diede come cibo la carne di altri animali;a queste egli assegnò scarsa prolificità, alle loro prede, invece, grande prolificità, procurando così la conservazione della specie. Ma Epimeteo, che non era un gran sapiente, non si accorse di aver consumato le possibilità in favore degli animali senza ragione: il genere umano rimaneva ancora privo di ordine ed egli non sapeva che fare. Mentre era in difficoltà sopraggiunse Prometeo per esaminare la distribuzione e vide che gli altri animali erano forniti di ogni cosa in giusta proporzione, mentre l’uomo era nudo, scalzo, senza coperte e inerme. Ormai era imminente il giorno destinato in cui anche l’uomo doveva uscire dalla terra alla luce. Preso dalla difficoltà di trovare una via di salvezza per l’uomo, Prometeo rubò l’abilità tecnica di Efesto e Atena insieme col fuoco (perché acquisire o impiegare questa tecnica senza il fuoco era impossibile) e ne fece dono all’uomo. Con essa l’uomo ottenne la sapienza per la vita, ma non la sapienza politica. Questa si trovava presso Zeus e a Prometeo non era concesso di penetrare nell’acropoli, abitazione di Zeus; inoltre le guardie di Zeus lo intimorivano. Si introdusse invece di nascosto nell’officina comune di Atena ed Efesto, ove essi lavoravano insieme, rubò la tecnica di usare il fuoco, propria di Efesto, e l’altra, propria di Atena, e ne fece dono all’uomo. Da Prometeo quindi provenne all’uomo la risorsa necessaria per vivere; ma in seguito, a quel che si dice, a causa di Epimeteo, egli dovette scontare la pena del suo furto.