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445 a.C. ca.-385 a.C. ca.

ARISTOFANE, Gli Uccelli, vv. 1493-1552

Traduzione tratta da: Aristofane, Commedie, 2 voll., a cura di Mastromarco G. e Totaro P, Utet, Torino 2006

Pr. Oh, povero me, non vorrei che mi vedesse Zeus! [A voce alta] Dov’è Pisetero?

Pi. [uscendo dalla facciata scenica] Ehi, che roba è questa? Chi è costui così imbacuccato?

Pr. Vedi qualche dio qui, dietro di me?

Pi. Io no, per Zeus. Ma tu chi sei?

Pr. E’ l’ora di sciogliere i buoi, o più tardi?

Pi. Ohimè, mi fai venire la nausea.

Pr. Cosa fa Zeus? Disperde le nuvole o le raduna?

Pi. Ma va’ alla malora!

Pr. Va bene, mi scoprirò [Solleva il mantello dal volto]

Pi. O caro Prometeo!

Pr. Zitto, zitto, non gridare!

Pi. Che c’è?

Pr. Taci, non fare il mio nome. Sarai la mia rovina se Zeus mi vedrà qui. Ma perché io possa dirti tutto ciò che accade su in cielo, prendi quest’ombrello, e tienilo sopra la mia testa [gli porge l’ombrello]: non voglio che di lassù mi vedano gli dèi.

Pi. Accidenti, che bella trovata! Proprio degna di… Prometeo. [Prendendo l’ombrello] Presto, mettiti qui sotto, e parla, coraggio!

Pr. [rifugiandosi sotto l’ombrello] Ascolta allora.

Pi. Parla, ti ascolto.

Pr. Zeus è finito.

Pi. Finito? E quando?

Pr. Da quando avete colonizzato l’aria. Nessun uomo sacrifica più agli dèi, e da allora non sale su da noi il fumo delle cosce, ma, privati dei sacrifici, digiuniamo come se fossimo alle Tesmoforie. E gli dèi barbari, affamati, strillano come Illiri, e minacciano che marceranno dal nord contro Zeus se non assicura l’apertura dei mercati, di modo che possano importare interiora tagliate a pezzi.

Pi. Ci sono dunque altri dèi, dèi barbari, più a nord di voi?

Pr. Perché non sono barbari gli dèi il cui capostipite è il santo protettore di Essecestide?

Pi. Ma questi dèi barbari come si chiamano?

Pr. Come si chiamano? Triballi.

Pi. Capisco. Ecco dove ha origine l’espressione “possa tu trib…olare”.

Pr. Proprio così. Ma solo questo voglio dirti chiaro e tondo: verranno qui, per concludere una tregua, degli ambasciatori da parte di Zeus e dei Triballi del nord; ma voi non accettatela se Zeus non restituisce lo scettro agli uccelli e non ti dà in moglie Principessa.

Pi. Chi è Principessa?

Pr. Una bellissima fanciulla che amministra il fulmine di Zeus e tutto il resto: il buonsenso, il buongoverno, la saggezza, gli arsenali, la diffamazione, il tesoriere, i trioboli.

Pi. Gli amministra dunque tutto?

Pr. Ti dico di sì. Se te la fai dare da lui, tutto diventa tuo. E’ per questo che sono venuto qui. Per avvertirti. Da sempre voglio bene agli uomini.

Pi. E’ vero: tra gli dèi, è solo grazie a te che possiamo arrostire sui carboni.

Pr. Odio tutti gli dèi, come sai.

Pi. Sì, per Zeus, da sempre, sin dalla nascita, odi gli dèi: sei un vero Timone.

Pr. Ma dammi l’ombrello, chè debbo tornare di corsa a casa: così see anche Zeus mi vede di lassù, sembrerà che io sia al seguito di una canefora.

Pi. [porgendogli l’ombrello] Certo; e prendi questo sgabello, e fa’ il portatore di sgabello. [Gli dà uno sgabello; Prometeo si allontana da una parodo mentre Pisetero rientra nella dimora di Upupa-Tereo]