V sec. a.C.
ESCHILO, Prometeo liberato, Fr. 137-150
Traduzione tratta da: Eschilo, Tragedie e Frammenti di Eschilo, a cura di Morani G.-M., Utet, Torino, 1987
Fr. 137
Noi siamo qui a vedere le tue sofferenze, Prometeo, e la sventura di questa prigionia.
Fr. 138
…dove il grande Fasi, comune confine della terra d’Europa e d’Asia…
Fr. 139
…e la sacra corrente del mare Eritreo dalla rossa distesa e la palude dai bronzei bagliori degli Etiopi che è presso l’Oceano e offre ogni nutrimento, dove Elio che tutto vede sempre fa riposare il corpo immortale e la fatica dei cavalli in calde sorgenti di molli acque.
Fr. 140
Prole dei Titani, nostra consanguinea, generata da Urano, guardatemi qui legato e incatenato ad aspre rupi, così come in un mare minaccioso i naviganti paurosi, temendo la notte, ormeggiano uno nave. Così Zeus Cronide mi ha inchiodato. E la mano di Efesto si è associata alla volontà di Zeus; lui mi ha frantumato gli arti trafiggendomi con i cunei della sua arte crudele: e io, misero, trapassato da tale ingegnosi ritrovati, abito questo presidio delle Erinni. E ancora, ogni due funesti giorni, la servitrice di Zeus, accostandosi con triste volo, mi lacera con le unghie ricurve e mi dilania in un pasto feroce. Poi, saziata del mio grasso fegato e satolla fino a scoppiare, manda un vasto rimbombo, e levandosi in volo con la sua coda pennuta spazza via il nostro sangue. Quando poi il fegato, prima divorato, si è rinnovato gonfiandosi, allora di nuovo ritorna avida ai suoi atroci pranzi. Così io nutro costei, che sorveglia il mio sciagurato tormento e con ininterrotto strazio oltraggia la mia viva carne. Come vedete, avvinto dalle catene di Zeus, non posso allontanare dal mio petto il crudele volatile. Così, spogliato di me stesso, subisco angoscianti torture, e cerco nel desiderio della morte una fine della mia sciagura: ma il volere di Zeus mi tiene lontano dalla morte. E questa antica stremante disgrazia, cresciuta nel corso di orribili generazioni, è penetrata nel nostro corpo, dal quale stillano gocce liquefatte dal calore del sole, che continuamente imbevono le rupi del Caucaso.
Fr. 141
I maschi di cavalli ed asini e le stirpi dei tori dando come servi e sostituti nelle fatiche.
Fr. 142
Prendi questa via diritta: e per prima cosa giungerai ai soffi di Borea, e lì bada allo scatenarsi dell’uragano, che non ti porti via levandoti in alto in un turbine tempestoso.
Fr 143
Poi giungerai al più giusto e al più ositale di tutti i popoli, i Gabii, dove né aratro né zappa che scava la terra lavorano i campi, ma da soli i terreni producono abbondante nutrimento ai mortali.
Fr 144
Dice (Apollonio Rodio) che l’Istro scende dai monti Iperborei e Ripei: così disse seguendo Eschilo nel Prometeo Liberato.
Fr 145
Invece gli Sciti dal buon governo, che mangiano formaggio di cavallo….
Fr 146
Giungerai poi all’impavido popolo dei Liguri. Lì, io lo so bene, non avrai nostalgia di battaglie, benchè tu sia impetuoso: è destino infatti che in quel paese ti vengano a mancare anche le armi: e non potrai avere neppure una pietra dalla terra, perché in tutto il luogo è molle: e Zeus, vedendoti privo di mezzi, avrà compassione di te e mandando una nube con una pioggia di rotonde pietre darà ombra alla terra: tu poi scagliandole facilemente disperderai il popolo dei Liguri.
Fr 147
Eschilo nel dramma intitolato Prometeo Liberato dice che Ercole combattè non con un drago ma con i Liguri. Dice infatti che Ercole, al tempo in cui sottrasse i buoi di Gerione, passò per il territorio dei Liguri, e venne alle mani con questi, che tentavano di rubargli il bestiame, e ne colpì molti con le frecce; ma quando gli vennero a mancare i dardi, rpostrato per il numero schiacciante dei barbari e dalla mancanza di armi, piegò le ginocchia dopo aver già ricevuto molte ferite. Ma Giove, presa compassione del figlio, lo curò e fece in modo che attorno a lui vi fossero molte pietre: Con queste Ercole si difese e mise in fuga i nemici. Per questo Giove lo stabilì fra le costellazioni con la figura di un combattente.
Fr 148
Che Apollo cacciatore diriga esatto il dardo.
Fr 149
Questo è per me il figlio carissimo di un padre ostile.
Fr.150
Eschilo nel Prometeo Liberato dice chiaramente che noi in onore di Prometeo, come compenso per la sua prigionia, poniamo una corona in testa.