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VII sec. a.C.

ESIODO, Opere e giorni, vv. 47-58; 83-89

Traduzione tratta da: Esiodo, Opere, a cura di Colonna A., Utet, Torino 1977.

vv. 47-58

Gli dèi infatti hanno nascosto agli uomini la fonte del benessere; ché avresti potuto anche,  lavorare per lo spazio di un giorno, e mantenerti quindi per un anno libero dal lavoro: avresti potuto senza indugio porre al fumo del focolare il timone, e fare sparire il lavoro dei buoi e dei muli pazienti alla fatica! Invece Zeus nascose tutto ciò, sdegnato nell’animo suo, il giorno in cui lo trasse in inganno Prometeo dai tortuosi pensieri; per questa ragione egli riversò sugli uomini lacrimevoli affanni, e nascose il fuoco. Ed ecco che di nuovo il prode figlio di Giapeto rubò  per gli uomini il fuoco al saggio Zeus, in un ramo cavo di ferula, di nascosto a Zeus vibratore del fulmine. Allora, adirato, gli disse Zeus adunatore di nembi: “O figlio di Giapeto, esperto sopra tutti di accorti pensieri,tu godi di aver trafugato il fuoco ed ingannato l’animo mio – grande sciaguraper te stesso e per gli uomini futuri -. Io ad essi in cambio del fuoco darò un malanno,  del quale tutti possan godere nell’animo, stringendosi con amore al loro malanno”.

vv. 83-89

Quindi, quando ebbe realizzato l’arduo inganno fatale, il padre mandò ad Epimeteo l’inclito Argifonte, il messaggero veloce, per portare il dono deglo dèi; ed Epimeteo non pensò a quanto gli aveva detto Prometeo, di non accettare in nessun caso un dono da parte dell’Olimpio Zeus, ma di rimandarlo indietro, affinchè non accadesse qualche malanno ai mortali. Ma dopo averlo accettato, se n’accorse, quando già possedeva quel malanno.