20: Mercurio e Argo

Titolo dell’opera: Mercurio ed Argo

Autore: Giovanni Antonio Rusconi

Datazione: 1553

Collocazione:  Le Trasformationi di M. Lodovico Dolce di novo ristampate e da lui ricorrette et in diversi luoghi ampliate con la tavola delle favole, In Venetia, appresso Gabriel Giolito dè Ferrari, 1553, p. 24

Committenza: Gabriel Giolito dè Ferrari

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Morte di Argo

Soggetto secondario:

Personaggi: Mercurio, Argo, Io tramutata in giovenca

Attributi: Elmo alato, calzari alati, spada (Mercurio); corpo cosparso di occhi (Argo)

Contesto: collina nei pressi di un borgo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, pp. 251-274; Glénisson-Delannée F., Illustration, traduction et glose dans les Trasformationi de Ludovico Dolce (1553): un palimpseste des Métamorphoses, in Le livre illustre italien au XVI siecle: texte/image. Actes du colloque organisé par le «Centre de recherche Culture et societe en Italie aux 15., 16. et 17. siecles» de l'Universite de la Sorbonne Nouvelle (1994), a cura di Plaisance M., Parigi 1999, pp. 119-147, 251-274

Annotazioni redazionali: Guthmuller (1997) ci racconta che pochi giorni dopo la pubblicazione delle Trasformazioni di Ludovico Dolce, Girolamo Ruscelli, anch’egli letterato, stroncò senza leggerezza la lingua, lo stile e gli errori commessi dal collega nel suo rifacimento delle Metamorfosi Ovidiane e, nel salvare soltanto l’operato dell’autore delle immagini, ce ne restituisce fortunatamente il nome. Trattasi di Giovanni Antonimo Rusconi, autore delle 85 xilografie divise in trenta canti, per le quali prese ispirazione, tanto dalle 53 illustrazioni dell’Ovidio Metamorphoseos vulgare del 1497 quanto dalle 72 dell’Ovidio Metamorhoseos in verso vulgar di Niccolò degli Agostini del 1522. Proprio a causa delle numerose critiche, il Dolce volle apportare dei cambiamenti, alcuni dei quali riguardavano anche l’apparato iconografico, che poi rimase invariato fino al 1561. Il ciclo venne ristampato sul finire del Seicento e per più di mezzo secolo servì come modello per le illustrazioni delle Metamorfosi in Italia. Rusconi assunse diversi atteggiamenti nei confronti degli episodi dell’opera: con alcuni fu fedelissimo alle indicazioni suggerite dal Dolce; con altri se ne allontanò per ottenerne personalissime rielaborazioni. Nel caso della xilografia con Mercurio nell’atto di tagliare la testa al custode d’Io, c’è un’evidente allontanamento dal testo; infatti questo recita semplicemente: “Cinto il capo di cent’occhi avea” (Argfr05) mentre l’illustrazione ci mostra un Argo completamente coperto dagli occhi, sparsi su tutto il corpo. La particolare energia con la quale Mercurio sta per sferrare il colpo e il fatto che egli occupi, da solo, un’intera metà dell’incisione, ci dimostra che l’intento dell’illustratore era quello di sottolineare la presenza e la potenza di Giove. Infatti, nell’incisione che immediatamente precede quella di Argo, e cioè il momento in cui Giove protegge Io da Giunone trasformandola in giovenca, le caratteristiche che emergono sono la potenza e la capacità di protezione assegnate a Giove, caratteristiche di cui Mercurio è portatore e mandatario.

Francesca Pagliaro