Licfr08

1563

Giovanni Andrea dell'Anguillara, Delle Metamorfosi d'Ovidio. Per Gio. Griffio, Venetia, 1563

 

Libro primo, p.4 recto

Vidi cercando diversi paesi

Regnar per tutto la forza, e l'inganno.

Giunsi al fine in Arcadia, e quivi intesi,

Che v'eraun crudelissimo Tiranno.

Ver le case spietate il camin presi,

Per voler riparar à sì gran danno;

Fei per gran segni noto al venir mio,

Ch'io era in corpo human l'eterno Dio

 

Gli spirti più sinceri, e più devoti

Già per tutto venian per adorarmi,

A mandar preghi, et a prometter voti

Per segni, che vedean mirandi farmi.

Nè far li potei mai sì chiari, e noti,

Che sede Lycaon volesse darmi,

anzi di me sì forte si ridea,

Che s'adombrò ciascun, che mi credea.

 

Poi tra se disse: io mi son risoluto

Voler di questo fatto esser più chiaro,

Se questo è Dio, ò pur qualche huomo astuto,

Che cerchi d'ingannare il vulgo ignaro:

M'invita seco à cena io non rifiuto.

Perchè suol mal pensier gli costi caro,

Ch'era di darmi in quello stante morte,

Ch'el sonno à gli occhi miei chiude le porte.

 

E non contento del mortal oltraggio,

Che ne la mente sua tenea celato,

Ucciso c'hebbe un infelice ostaggio,

Che pur dianzi i Molobigli havevan dato,

O per assicurarlo de l'homaggio

O per altro interesse del suo stato;

E'n varie foggie cotto, e condito

L'appresentò nel funeral convito.

 

Io l'orrendo spettacolo vedendo,

Tutta di foco quella casa sparsi,

E gli Dei suoi familiari, essendo

Degni di maggior pena, accesi, et arsi.

Ond'egli sbigottito andò fuggendo

Dove meglio pensò poter salvars;

E dove il bosco ha più le parti ombrose

Più tosto, che poteo, corse, e s'ascose.

 

E volendo parlar seco, e dolersi

De la sua acerba, e meritata pena,

Subito in ululato si converse

La voce sua, d'ira , e di rabbia piena.

L'humano aspetto tosto si disperse,

Volse il corpo à la terra, al ciel la schiena.

Il volto human si fe ferina faccia,

E piedi, e gambe, le mani, e le braccia.

 

P.4 verso

Si fe d'un huomo, un lupo empio, e rapace

Servando l'uso de l'antica forma,

Che l'human sangue più che mai li piace,

Dè suoi vecchi desir seguendo l'orma.

Hor per empire il suo ventre vorace

Serva nel gregge anchor la stella norma,

Gli occhi ha lucenti, e guardatura fera,

La canicie, e'l color come prim'era

ANNOTAZIONI DEL PRIMO LIBRO

..................................e come scendendo in forma humana non vi trovò che scellerataggini violenze, et inganni; e come giunto alla casa di Licaone, non pur lo vide, che si faceva ischerno della sua divinità, ma scoprì anchora, che haveva una maligna intenzione di ammazzarlo, come prima si fusse posto adormire; onde havendo dato il fuoco alla casa sua l'abbruggiò, e Licaone fuggendo verso i boschi fù in quel punto trasformato in lupo. Parmi che questa favola sia tolta da un historia scritta da Leontio, la qual narra che essendo venuti a conventione di pace dopo una longa guerra i Molossi, che sono genti di Epiro, hoggi di detta Albania, con cui gli arcadi, detti Pelasgi de quali era Principe licaone; al quale diedero gli Albanesi per ostaggio per un certo tempo un bellissimo, e nobilissimo giovane, passato il termine vedendo che Licaone non lo rimandava loro, secondo le conventioni, handorno a chiederlo per i loro ambasciatori; sdegnato Licaone che glie l'havessero mandato cosi superbamente a dimandare, come quello che era huomo crudelissimo, e pieno di ogni maniera di soperbia, e di sceleraggine, fece ammazzare l'Ostaggio è havendo invitati gli ambasciadori a desinare con esso lui; essendosi anchora Lisania Giovane appresso gli Arcadi di molto valore, che fù poi detto Giove, fece loro parte inanti per vivanda, le membra cotte dell'infelice giovane già Ostaggio vedute Lisania le membra humane, gettò furioso la mensa a terra, et adunati molti suoi amici, e fatto si insieme, combatte con Licaone, e'l vinse, fuggì l'huomo sceleratissimo con alcuni suoi, a i boschi, dove stando alla strada ammazzava, e rubava tutti quelli che gli davano nelle mani, il che fu cagione poi che'l poeta il descrivesse cangiato Giove in lupo; come sono cangiati anchora tutti i crudeli, e pieni di sete de'l sangue altrui, che meritatamente poi sono detti lupi per la simiglianza che hanno con detti animali. Ne per altro crederò che Plauto dicesse poi che l'huomo divenia cosi contra l'altro huomo, essendo scelerato un lupo, come essendo buono un dio.