Titolo dell’opera: Giove e Io sono spiati da Giunone
Autore: Giovan Battista Zelotti (1526-1578)
Datazione: 1565
Collocazione: Fanzolo di Vedelago (TV), Villa Emo (Sala di Giove e Io)
Committenza: famiglia Emo
Tipologia: dipinto
Tecnica: affresco
Soggetto principale: Giunone scopre Giove con Io
Soggetto secondario: Giove e Io
Personaggi: Giunone, Giove e Io
Attributi: aquila e fulmini (Giove)
Contesto: paesaggio all’aperto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Crosato L., Gli Affreschi nelle Ville Venete del Cinquecento, Libreria Editrice Canova, Treviso 1962; Zorzi G., La Villa di Leonardo Emo (ora di Lorenzo Emo Capodilista a Fanzolo), in Le Ville e i Teatri di Andrea Palladio, Neri Pozza Editore, Vicenza 1969; L’Opera Completa di Tiziano, a cura di Valcanover F., Rizzoli Editore, Milano 1969; Brugnolo Meloncelli K., Battista Zelotti, Berenice, Missaglia (Como) 1992, pp. 111 e 112; Bordignon Bavero G., Villa Emo, BBL Edizioni, Cittadella (PD) 1993; AA.VV., La Pittura nel Veneto, Il Cinquecento, Electa, Milano 1998, pp. 658 e 659, vol. II; Sermonti I., Il Prezioso Patrimonio Palladiano, in “Civiltà del Rinascimento”, Settembre 2001, Anno I/n. 8, pp. 94-103; Crosato Larcher L., Villa Emo e Villa Barbaro a Maser, in Da Bellini a Veronese, Temi di Arte Veneta, a cura di Toscano G., Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, Venezia 2004, pp. 589-599; Pedrocco F., Giovan Battista Zelotti, La Virtù Fustiga il Vizio, in Natura e Maniera tra Tiziano e Caravaggio, Le Ceneri Violette di Giorgione, a cura di Sgarbi V., Skira, Milano 2004, p. 304
Annotazioni redazionali: A decorare le sale della villa palladiana di proprietà della famiglia Emo, negli anni sessanta del Cinquecento, viene chiamato Giovan Battista Zelotti, specializzato nella pittura di interni ed ex-collaboratore di Veronese. L’eccezionalità del ciclo sta nel veder raffigurate insieme storie legate alla tradizione cristiana assieme a quelle di soggetto mitologico. La travagliata favola d’amore di Giove e Io è affrescata all’interno della Sala di Giove e Io, la stanza riservata alla padrona della villa (che fa da pendant a quella del padrone nell’ala corrispondente). I sei episodi, Giove e Io sono spiati da Giunone; Giove sorpreso da Giunone, tramuta Io in vacca (Cfr. scheda opera 37); Giunone affida ad Argo la rivale; Mercurio tende insidie ad Argo; Mercurio decapita Argo e il Trionfo di Giunone, sono tratti dalle Metamorfosi di Ovidio. Nel primo affresco del ciclo, Giove e Io sono seduti su una roccia, vestiti parzialmente da dei drappi, mentre stanno per darsi un bacio. Dietro a loro è visibile l’aquila che stringe nel becco i fulmini del dio; sullo sfondo la coltre di nubi provocata da Giove per oscurare la sua infedeltà a Giunone, stratagemma evidentemente non riuscito perché la dea è raffigurata mentre spia dall’alto il tradimento del marito. Assieme alle rappresentazioni del mito compaiono due dipinti (sempre ad affresco) con due statue in finto bronzo con le figure dell’Autunno e, nella parete opposta, della Primavera. Sopra la porta che conduce alle altre stanze della villa è stata inserita, all’interno del ciclo mitologico, la raffigurazione di un Ecce Homo (che richiama alla mente un’opera omonima eseguita negli stessi anni nella bottega di Tiziano e oggi conservata all’Ermitage): considerando che al momento della decorazione siamo in pieno periodo di Controriforma, tra l’altro convocato nella vicina Trento, è possibile che il committente e l’artista abbiano voluto mostrarsi perfetti cattolici. Tutte le favole mitologiche scelte da Zelotti rivelano un significato più profondo: i soggetti presentati celebrano la virtù dell’amore sul vizio. Nel mito in esame la protagonista non è più Io, ma Giunone, la moglie tradita, che punisce l’adulterio. E’ da ricordare che nel 1565, anno del termine dei lavori di decorazione della villa, convolano a nozze Leonardo Emo e Cecilia Grimani, perciò tutto il ciclo potrebbe essere una sorta di guida all’amore carnale e spirituale. Giunone, moglie intollerante alle infedeltà del marito, è quindi da identificare con la padrona della villa a cui la stanza è dedicata. Un altro aspetto è degno di considerazione. In questi anni a Venezia e dintorni circolavano copie delle Metamorfosi di Ovidio in chiave moralizzata e nel testo di Niccolò degli Agostini (1522) si legge che “Dio avendo avuto misericordia di Io la toglie dal maricare” (Iofr02), chiarendo così l’introduzione dell’Ecce Homo nel programma iconografico dedicato agli dei pagani: Dio con la sua Passione salva l’uomo dal peccato proprio come Io è stata salvata, riprendendo sembianze umane, per intervento divino. Le figure di Zelotti mostrano l’influsso michelangiolesco che l’artista potrebbe aver appreso dalle incisioni che riproducevano le opere del Buonarroti e che circolavano liberamente sul territorio nazionale.
Maddalena Bertolini