13: Giove ed Io

Titolo dell’opera: Giove e Io

Autore: Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio (1456/1460-1513)

Datazione: 1493-1495

Collocazione: Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi (sottarco che divide le due volte con le Storie con il mito di Iside e Osiride)

Committenza: Alessandro VI Borgia

Tipologia: dipinto parietale

Tecnica: affresco

Soggetto Principale: Giove afferra Io

Soggetto Secondario:

Personaggi: Giove e Io

Attributi:

Contesto: paesaggio all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Seznec J., La sopravvivenza degli antichi dei : saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell'arte rinascimentali, Boringhieri, Torino 1980; Saxl F., L’Appartamento Borgia,in La Storia delle Immagini, Laterza, Bari 1982, pp. 135-162; I Borgia, Catalogo della mostra tenuta a Roma, a cura di Alfano C., Electa, Milano 2002; Scalpellini P., Silvestrelli M.P., Pinturicchio, Federico Motta Editore, Milano 2004

Annotazioni redazionali: Anno 1492: Rodrigo Borgia sale al soglio pontificio con il nome di Alessandro VI. Il nuovo papa commissiona al Pinturicchio la decorazione del suo appartamento richiedendo al pittore un particolare soggetto iconografico: la celebrazione del casato dei Borgia con le Storie con il mito di Iside e Osiride all’interno della Sala dei Santi, dove la storia cristiana si assimila a quella pagana. Nelle fonti classiche Io, dopo essere stata liberata dalla prigionia di Argo, viene sottoposta alle continue punture di un tafano per volere di Giunone; il suo peregrinare la condurrà in Egitto, dove, riprese le sembianze umane, sarà adorata dal popolo come dea Iside. Nelle vicende di Iside e Osiride compare l’immagine di Api, la figura taurina venerata dal popolo egiziano e sacra al dio Ptah: l’animale veniva adorato e dopo la sua morte veniva sepolto con cerimonie religiose particolari. Api, una volta passato al regno dei morti risorgeva, divenendo così un nuovo Osiride. Fritz Saxl in poche righe contenute nel suo saggio relativo all’appartamento Borgia sulla figura di Api scrive e spiega la scelta del programma: “Nel periodo ellenistico i Tolomei, i dominatori greci dell’Egitto, consideravano Io come loro antenata poiché era essa che forniva il legame fra la civiltà greca e quella egiziana. Alessandro adotta anche lui Io, ma ciò che l’interessa non è tanto l’inizio del mito quanto la sua conclusione: la comparsa di Api come personificazione del marito di Io, Osiride, il re divino ch’era stato ucciso”. Il toro/Api va dunque assimilato allo stemma araldico della famiglia di Alessandro VI, composto da un castello con otto torri sulla sinistra (originariamente tre) e a destra un bue passante verso sinistra in oro con sonaglio d’argento su campo verde. Nel sottarco che divide le due volte con gli episodi tratti dal mito egiziano compaiono i cinque ottagoni con la favola di Giove e Io (il ciclo completo comprende Giove e Io; Giunone, Giove e Io - Cfr. scheda opera 14; Mercurio addormenta Argo; Mercurio uccide Argo; Io-Iside regina d’Egitto con Mosè ed Ermete Trismegisto - Cfr. scheda opera 15). In questo riquadro la figlia di Inaco è trattenuta per un braccio da Giove che appare alla giovane in forma umana (il padre degli dei per gli egizi incarnava la figura di Osiride). Il cielo appare oscurato: sono le nubi invocate da Giove per celare il suo adulterio agli occhi di Giunone.

Maddalena Bertolini