03: Giove ed Io

Titolo dell’opera: Io accolta da Iside a Canopo

Autore: Anonimo

Datazione: I secolo d.C.

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Committenza:

Tipologia: pittura murale

Tecnica: affresco (80 x 66 cm)

Soggetto principale: Io accolta da Iside a Canopo

Soggetto secondario:

Personaggi: Io, Iside, Horus Arpocrate, divinità fluviale (Nilo), due sacerdoti (la donna potrebbe essere Nefti, sorella di Iside)

Attributi: corna (Io); serpente, situla (Iside); barba fluente, coccodrillo (Nilo); indice sulla bocca in segno di silenzio (Horus Arpocrate); sistro, situla, caduceo dorato (sacerdote di Iside); sistro (sacerdotessa)

Contesto: luogo chiuso (Tempio di Iside?)

Precedenti:

Derivazioni: Anonimo,Io accolta da Iside a Canopo, proveniente dal Tempio di Iside a Pompei, I secolo d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale (Cfr. scheda opera 04)

Immagini:

Bibliografia: Ward J., Claridge A., Pompeii a.D. 79. Treasures from the National Archaeological Museum, Naples and the Pompeii Antiquarium, London 1976; Grimm A., Iside Romana, Iside Imperiale, Aspetti Storico-Culturali del Culto Isiaco al Tempo degli Imperatori, in Iside: Il Mito, Il Mistero, La Magia, Catalogo della Mostra, a cura di Arlsan E.A., Electa, Milano 1997, pp. 19, 120-133, 439; Museo Archeologico Nazionale di Napoli, a cura di De Caro S., Electa Napoli, Napoli 2003; Il  Museo Archeologico, Napoli, a cura di Colombo D., Electa, Il Sole 24 Ore, Milano 2005, p. 150;

Annotazioni redazionali: L’affresco si trovava originariamente all’interno di un’abitazione privata ed entrò a far parte della prestigiosa raccolta di opere d’arte del francese Duca d’Aumale. Io, trasportata da una divinità fluviale, il Nilo, è accompagnata alla presenza della dea Iside, seduta su un trono nel suo santuario a Canopo, vicino ad Alessandria. I riferimenti all’Egitto sono ravvisabili nella sfinge posta davanti alla dea e nel coccodrillo, sottomesso al dominio di Iside. La dea è accompagnata da due sacerdoti; la donna con l’abito incrociato sul seno, sembra riprendere l’iconografia di Nefti, sorella e cognata di Iside e moglie di Seth. Io, dopo essere stata vittima amorosa di Giove (Cfr. scheda opera 02), viene trasformata in giovenca (Cfr. scheda opera 01) e, dopo varie vicissitudini riesce a raggiungere l’Egitto, dove riprenderà sembianze umane. Nell’affresco Io mostra ancora i segni della sua metamorfosi nelle corna che le spuntano dalla fronte, emblema che farà parte degli attributi iconografici della dea Iside. La dea egiziana con i suoi capelli arricciati segue la moda alessandrina ed è ricoperta di vesti di lino bianco. La donna tiene un serpente attorcigliato al braccio sinistro, simbolo del cobra femmina (il maschio era considerato cattivo) che posto sulla corona del faraone rappresentava il dio Ra in terra; la figura del serpente è l’emblema della forza distruttrice che, in soccorso al faraone, serve ad annientare i nemici del paese. L’animale stretto da Iside rappresentava la sicurezza dell’ordine sul caos: disordine a cui Iside ed Osiride posero fine all’inizio dei tempi. Il sacerdote alle spalle di Iside tiene in mano il caduceo, il bastone di Mercurio, forse a ricordo del ruolo importante che ebbe il dio nella liberazione di Io, prigioniera di Argo; inoltre, porta in mano il sistro, strumento musicale della dea Hator, e la sitola, recipiente in cui era contenuta l’acqua sacra dei riti isiaci. Il bambino che si porta il dito alla bocca invitando l’uomo al silenzio seduto accanto all’urna con l’acqua è la raffigurazione del dio Arpocrate, che altro non è che Horus, figlio di Iside, venerato in Egitto come dio del Silenzio. Una copia di questo affresco faceva parte della decorazione del Tempio di Iside a Pompei (Cfr. scheda opera 04).

Maddalena Bertolini