
Titolo dell’opera: Giove ed Io; Mercurio ed Argo
Autore:
Datazione: 450-400 a.C.
Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale (proveniente da Suessola)
Committenza:
Tipologia: pittura vascolare
Tecnica: pelike a figure rosse
Soggetto principale: Giove e Io
Soggetto secondario: Mercurio ed Argo
Personaggi: Giove, Io, Mercurio, Argo
Attributi: scettro, corona d’alloro (Giove); caduceo, kirbis, spada (Mercurio); bastone da pastore, copricapo con occhi (Argo)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Arafat K., Classical Zeus, A Study in Art and Literature, Oxford 1990, Pl. 40A; Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, ad vocem “Io”, Pl. 448, I 62; Beazley J.D., Attic Red-Figure Vase-Painters, Oxford 1963, p. 1122
Annotazioni redazionali: questo vaso mostra un’iconografia particolare: infatti, a differenza del modo comune di rappresentare il mito nell’arte classica (Io custodita da Argo – Cfr. scheda opera 05, scheda opera 06; uccisione di Argo da parte di Mercurio – Cfr. scheda opera 01), qui l’artista sceglie di raffigurare la prima parte del mito: l’incontro amoroso tra Giove e Io. Nonostante la capigliatura di Io sembri quella di un’orientale, ai due lati della fronte sembrerebbero spuntare due corna, allusive della sua successiva trasformazione in giovenca. Nell’altra faccia del vaso è raffigurato l’incontro tra Mercurio e Argo; Mercurio, in linea con le fonti classiche precedenti a Ovidio (Apollodoro, Biblioteca, Iofc06), non è travestito da pastore ma segue la sua iconografia classica. Poiché nelle fonti classiche, a differenza di Ovidio, non è specificato dove Argo avesse gli occhi, nella raffigurazione i cento occhi sono stati posti sulla testa ordinati in un copricapo. Generalmente, Argo è rappresentato come un uomo barbuto (Cfr. scheda opera relativa); in questo caso, l’aspetto giovanile del pastore ha fatto sì che alcuni critici identificassero questa figura con Giunone, anche se nelle fonti non è mai detto esplicitamente che Giunone e Mercurio si siano incontrati.
Chiara Mataloni
Francesca Pagliaro