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V Secolo d.C.

MACROBIO TEODOSIO, Saturnali, Libro I, 12, 13

Traduzione tratta da: Macrobio, Saturnali, a cura di Nino Marinane, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1967, pp. 277-279

12. Viene inoltre chiamato Argifonte, ma no perché uccise Argo, che, dicono, fornito di innumerevoli occhi tutto intorno alla testa, per ordine di Giunone, custodiva Io, figlia di Inaco, rivale di quella dea, trasformata in giovenca. In realtà nell’interpretazione di tale mito Argo va inteso come il cielo trapunto di stelle lucenti che hanno l’aspetto come di occhi del cielo.

13. E sembrò bene chiamare Argo il cielo per la sua lucente bianchezza e la sua velocità, cioè parà tòlenkon kài takhìj. Esso sembra osservare dall’alto la terra, che gli egiziani nella scrittura geroglifica rappresentano con una figura bovina. Dunque si ritiene che Mercurio uccida questa orbita celeste ornata dalle luci delle stelle, per così dire le uccide, togliendo ai mortali la loro vista con la forza della sua luce.