1 a.C.-1 d.C.
OVIDIO, L’Arte di Amare
Traduzione da: Ovidio, L’Arte di Amare, Premesse al Testo, Traduzione e Note di Ettore Barelli, BUR, Milano 1997 (XII Edizione), pp. 101-103, 125, 275-277, 289
Libro I, vv. 108-113
Né trascurare Adone che da Venere
ebbe onore di pianto, o dei Giudei
le cerimonie ad ogni sette giorni,
né i templi egizi la giovenca adorna,
di puro lino: ella fa sì che molte
si mutino in ciò ch’ella fu di Giove.
Libro I, vv. 478-481 (Pasifae e Minosse)
Ora chiedeva
d’essere Europa, o almeno essere Io,
questa perché giovenca, e perché l’altra
fu rapita dal toro.
Libro III, vv. 688-697
Se promesse
ti fa l’amante solo di parole,
a parole prometti; se mantiene,
donagli pronta il gaudio convenuto.
Ben può le fiamme spegnere di Vesta
e rapinare ai templi i vasi sacri
della figliola d’Inaco e al marito
somministrare aconito e cicuta,
colei che ricevuti i doni rifiuta
ancora perfida l’amplesso.
Libro III, vv. 914-925
Scordavo d’insegnarti come eludere
marito attento e vigile custode.
Donna sposata tema suo marito;
egli la tenga d’occhio. Questo è un bene;
lo esigono la legge, la modestia
e il nostro imperatore. Ma clausura dovrai patire tu, che appena ieri
il pretore affrancò? Chi lo pretende?
Vieni al mio rito e impara ad ingannare.
Fossero gli occhi quanto quelli d’Argo
puntati su di te, pur che tu voglia,
non ci sarà chi tu non possa eludere.