48: Deucalione e Pirra

Titolo dell’opera: Deucalione e Pirra

Autore: Andrea del Minga (post 1540-1596)

Datazione: 1570

Collocazione: Firenze, Palazzo Vecchio, Studiolo di Francesco I, parete est

Committenza: Francesco I Medici

Tipologia: Dipinto

Tecnica: Olio su tavola/pannello (151 cm x 107cm)

Soggetto principale: Deucalione e Pirra gettano le pietre

Soggetto secondario: Sullo sfondo il tempio di Temi e alcuni esseri umani appena creati

Personaggi: Deucalione, Pirra, figure maschili e femminili

Attributi: Pietre, tempio di Temi (Deucalione, Pirra)

Contesto: Scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Sinibaldi G., Il Palazzo Vecchio di Firenze, La libreria dello Stato, Roma 1934, pp. 12-13; Berti L. Il Principe dello Studiolo. Francesco I dei Medici e la fine del Rinascimento fiorentino, Edam, Firenze, 1967, pp. 61-84; Schaefer S., The Studiolo of Francesco I de’Medici in the Palazzo Vecchio in Florence, Xerox University Microfilms, USA 1976, pp. 349-353; Lensi Orlandi G., Il Palazzo Vecchio di Firenze, Martello – Giunti, Firenze 1977;Liebenwein W., Studiolo. Storia e tipologia di uno spazio culturale, Cieri Via C. (a cura di), Edizioni Panini, Modena 1977, pp. 126-130; Caldini R., Percorso d’arte. La facciata principale, i cortili, le sale pubbliche, i segreti dello Studiolo, in Palazzo Vecchio a Firenze, Salemi M. C. (a cura di), Nardini Editore, Firenze 2001, pp. 61-64; Feinberg L. J., Nuove riflessioni sullo Studiolo di Francesco I in L’ombra del genio. Michelangelo e l’arte a Firenze 1537-1631, Chiarini M. – Darr A. P. – Giannini C. (a cura di), Skira, Milano 2002, pp. 57-75; Calzona L., Firenze – Palazzo Vecchio in Cieri Via C., L’Arte delle Metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 195-200.

Annotazioni redazionali: L’opera fa parte della decorazione dello Studiolo che Francesco I de’Medici commissionò fra il 1569 e il 1570 nel Palazzo Vecchio di Firenze. Lo studiolo di Francesco I non era esattamente un luogo dedicato allo studio, ma piuttosto serviva come spazio in cui contenere tutta la raccolta di oggetti rari e preziosi appartenenti alla collezione del principe, sulla scia delle Wunderkammer del nord Europa. Gli interessi di Francesco I si concentravano sulle discipline scientifiche ed estetiche, dall’alchimia alla geologia, dedicandosi ad esperimenti nella sua Fonderia, i cui prodotti erano parte della collezione. Lo studiolo era concepito come una sorta di scrigno realizzato  per conservare il frutto delle sue ricerche e gli oggetti preziosi che maggiormente avevano attirato l’attenzione del principe. Vasari si occupò della decorazione dello studiolo avvalendosi dell’aiuto di Vincenzo Borghini, priore dell’Ospedale degli Innocenti e primo luogotenente dell’Accademia degli artisti a Firenze (Feinberg, 2002). Insieme idearono un programma iconografico complesso che si basava principalmente sul rapporto fra natura e arte. Gli oggetti erano raccolti in 19 armadi distribuiti sulle quattro pareti e suddivisi secondo i quattro elementi, acqua, fuoco, terra e aria, che erano anche il tema della decorazione insieme alle quattro stagioni e ai quattro temperamenti. La parete nord era assegnata al Fuoco, la parete est alla Terra, la sud all’Acqua e la ovest all’Aria. Ciascun armadio aveva un pannello su cui era raffigurato un soggetto mitologico, storico o religioso in linea con il suo contenuto e con il tema della parete. L’articolazione della decorazione si basava su 34 dipinti, ad opera di 31 artisti diversi, posti su due livelli intervallati da 8 sculture a soggetto mitologico; nelle pareti più corte si trovavano i ritratti di Cosimo I ed Eleonora di Toledo, anch’essi posti quasi ad indicare due aspetti della vita di Francesco I: la sfera privata, rappresentata dal ritratto della madre posto sul lato delle camere del principe, e la sfera pubblica con il ritratto di Cosimo I che dava sulla parete verso lo sfarzoso e immenso Salone dei Cinquecento (Berti, 2002). Sulla volta del soffitto era raffigurato Prometeo, colui che portò la conoscenza del fuoco agli uomini ma anche come primo creatore delle pietre preziose, così come testimonia Plinio (Schaefer, 1976). Poiché pochi anni dopo la sua realizzazione, nel 1586, Francesco I fece trasferire le opere e parte della collezione agli Uffizi, oggi non abbiamo la certezza di come fossero disposti i pannelli. Nel 1910 Giovanni Poggi, basandosi su una serie di lettere fra Vasari e Borghini, ipotizzò una sistemazione dei pannelli nello studiolo, che è quella che ancora oggi è visibile visitandolo. Successivamente altri studi, fra cui quello del 1981 di Michael Rinehart hanno corretto e riproposto una sistemazione sia delle opere che della tipologia di oggetti contenuti negli armadi.

Il tondo che raffigura Deucalione e Pirra, si trovava nella parete est dedicata al tema della Terra, nella fascia inferiore al centro, mentre ai due lati si trovavano: Danae e la pioggia d’oro (o Ercole e il drago nel giardino delle Esperidi come invece indica Feinberg)e La corsa di Atalanta; al di sopra il dipinto La miniera e ai due lati superiori le statue di Plutone, come dio dell’opulenza e delle ricchezze, e Opi. Negli armadi della parete dovevano essere conservati lavori in argento ed oro, le cui allusioni sono date nei dipinti della fascia inferiore (le mele d’oro di Atalanta e del Giardino delle Esperidi per Feinberg o anche l’oro della pioggia nella ricostruzione precedente). Nella sua trattazione Schaefer ipotizza che dietro il pannello di Deucalione e Pirra potessero essere custoditi anche dei fossili e immagini formate in formazioni rocciose naturali, legandosi alle pietre gettate dai due personaggi di Ovidio e che assumono forma umana. Inoltre Schaefer cita anche una lettera di Borghini, in cui elencando le opere legate alla terra, inavvertitamente suggerì il tema da far eseguire ad Andrea del Minga: <<vasi et altri lavori belli, che sono le pietre, come dir, l’ossa della terra>>, la stessa definizione usata da Ovidio, attraverso l’oracolo di Temi, nelle Metamorfosi <<ossa della grande madre>> (Ovidio, Metamorfosi, v. 383 ). Il soggetto è rappresentato con una certa fedeltà all’originale di Ovidio, anche se i due protagonisti, con le vesti discinte, invece di velarsi la testa come riporta il mito originario, sono bendati, una particolarità che ha come unico precedente l’incisione tratta da La Bible des Poètes (Cfr. scheda opera 07). Alle loro spalle, sullo sfondo, si vedono delle figure umane già completamente trasformate e il tempio di Temi, allusione al momento precedente del mito, in cui Deucalione e Pirra si sono rivolti in preghiera alla dea.

Agnese Altana