21: Deucalione e Pirra

Titolo dell’opera: Deucalione e Pirra

Autore: Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (1518-1594)

Datazione: 1543-44

Collocazione:Padova, Museo Civico

Committenza:

Tipologia: Dipinto

Tecnica: Olio su tela

Soggetto principale: Temi appare a Deucalione e Pirra

Soggetto secondario:

Personaggi: Deucalione, Pirra,Temi

Attributi: Tempio di Temi (Deucalione, Pirra, Temi)

Contesto: Scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: Pallucchini R. – Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, tomo III, p. 326, fig. 89.

Bibliografia: Pallucchini R. – Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, tomo I, p. 24 e p.141; Da Bellini a Tintoretto. Dipinti dei musei civici di Padova dalla metà del Quattrocento ai primi del Seicento, Ballarin A. – Banzato D. (a cura di), Leonardo - De Luca Editori, Roma 1991, pp. 183-187; Jacopo Tintoretto nel quarto centenario della sua morte, Rossi P. – Puppi L. (a cura di), Atti del Convegno Internazionale di Studi, Venezia, 24-26 novembre 1994, Il Poligrafo, Padova 1996; Guthmüller B., Mito, Poesia, Arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni Editore, Roma 1997, pp. 275-289; ad vocem Ulivo, in Lo Sapevi dell’Arte. La natura e i suoi simboli, Zuffi S. (a cura di), Electa, Milano 2004, prima parte, pp. 41-47.

Annotazioni redazionali: L’opera faceva parte di una serie di 8 tele rettangolari di argomento mitologico che nel 1874 risultavano nell’inventario di Vettor Pisani Zusto sotto il nome di Andrea Schiavone e indicati come dipinti presenti nel palazzo Pisani Moretta dove probabilmente sono stati collocati nel 1700. Poiché le tele avevano un formato particolare è probabile che siano state tagliate per essere inserite in una struttura decorativa, seguendo le linee lasciate in evidenza dal restauro. Successivamente, nel 1700, quando vennero collocate nelle cornici a stucco del Palazzo Moretta, sono state riportate alla loro forma originaria con delle aggiunte e dei ritocchi pittorici che il restauro ha eliminato. Nel 1968 le opere sono state acquisite dal museo grazie al lascito della contessa Giulia Giusti del Giardino. Le tele dovevano ricoprire le pareti di un ambiente piuttosto grande, forse un palazzo cittadino, anche se esistono delle perplessità sulla loro appartenenza ad un ciclo, e rappresentavano i seguenti temi: Giudizio di Paride, I Cercopi mutati in scimmie, Briseide che rimprovera Achille (ma l’attribuzione del soggetto è ancora incerta), Deucalione e Pirra, Apollo e Marsia, Venere e Adone, Giove e Semele, Compianto su Adone morto.

Stilisticamente le opere sono state inizialmente collegate ad Andrea Schiavone, per poi, una volta liberate dai ritocchi successivi, grazie al restauro degli anni ’70, essere attribuite definitivamente a Tintoretto nella sua fase più vicina allo Schiavone. Quest’opera ha delle analogie con l’ottagono del Tintoretto oggi alla Galleria Estense (Cfr. scheda opera 20), con il medesimo tema, sia per la posa manierista delle figure si per la vicinanza cronologica fra le due, mentre se ne discosta per il modo in cui lo stesso momento del mito è stato proposto. Sebbene, come riporta Guthmüller, Tintoretto abbia preso spunto maggiormente dai volgarizzamenti di degli Agostini (Deufr02)e Bonsignori (Deufm14), in questo caso siamo di fronte ad una vera novità compositiva. Piuttosto che rappresentare Deucalione e Pirra  in preghiera nel tempio di Temi o davanti alla sua statua, come aveva già fatto nell’opera precedente, la dea appare fisicamente davanti ai due, in volo, più simile ad una messaggera. Il tempio di Temi è visibile sullo sfondo, ma i due personaggi sono lontani: è la dea ad avvicinasi a loro. Nella tradizione figurativa relativa a questo mito, questa è la prima opera in cui la dea è rappresentata in carne ed ossa, non come una statua, e in volo verso i protagonisti. Gli stessi testi relativi al mito non fanno alcun accenno al fatto che la dea rechi il suo messaggio ai due protagonisti, al contrario questo momento della vicenda vede sempre Deucalione e Pirra entrare nel tempio e pregare la statua della dea. Inoltre essa reca in mano una pianta, forse un ramo di ulivo, un altro dettaglio non presente nel mito e che potrebbe ricollegarsi alla vicenda di Noè. Il protagonista, per accertarsi che le acque si fossero ritirate dopo il diluvio, aveva inviato una colomba fuori dall’arca, che era tornata recando con sé un ramoscello d’ulivo (Genesi, 8, 11).

Agnese Altana