Titolo dell'opera: Apollo e Dafne
Autore: Carlo Cignani
Datazione: 1680 circa
Collocazione: Parma, Palazzo del Giardino
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: affresco
Soggetto principale: Dafne e Apollo
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Dafne, Peneo
Attributi: faretra (Apollo); dita delle mani in forma di foglie d’alloro (Dafne); urna, corona di foglie (Peneo)
Contesto: paesaggio campestre
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Stechow W., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 523; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 330
Annotazioni redazionali: Il Cignani sembra qui risentire della precedente tradizione iconografica del mito, in particolare è evidente il riferimento all’incisione di Jacopo Caraglio, realizzata su di un disegno di Perin del Vaga, nella prima metà del Cinquecento (Cfr. scheda opera 41). Apollo, infatti, è raffigurato in corsa, di profilo, caratterizzato dalla faretra legata dietro la schiena, rispettando quindi il modello classico, tuttavia, egli sembra qui aver già raggiunto la ninfa, mentre nell’incisione del Caraglio allungava ancora le braccia nel tentativo afferrarla. Apollo quindi abbraccia Dafne, seppure questa, raffigurata frontalmente, e non di profilo come nel modello forse preso come riferimento, ancora non sia divenuta albero d’alloro, ed in questo l’artista dovette operare una precisa scelta, discostandosi dalla tradizione testuale, probabilmente per accentuare l’effetto patetico della raffigurazione, e rendere ancor più evidente l’impotenza del dio di fronte alla metamorfosi in atto. Dafne sembra qui quasi ferma, nonostante che con la parte superiore del corpo cerchi di liberarsi dall’abbraccio del dio, ed ha appunto appena iniziato a trasformarsi, solamente le sue dita, infatti, hanno perduto l’aspetto umano, e sono divenute ramoscelli d’alloro: tale trasformazione viene spiegata dal Cignani, come del resto già accadeva nell’incisione del Caraglio, con la raffigurazione in basso del dio-fiume Peneo, suo padre. Dafne, nella sua fuga disperata da Apollo, doveva essere giunta in prossimità del fiume, e fermatasi, doveva aver implorato aiuto per riuscire a sfuggire al dio. Per questo motivo potrebbe essere stata raffigurata quasi immobile, a differenza della maggior parte delle opere precedenti, in cui invece la sua metamorfosi avveniva mentre era ancora in corsa: la ninfa potrebbe qui aver appena finito di esprimere il suo desiderio, e nello stesso tempo, proprio mentre sopraggiunge Apollo, aver già iniziato a cambiare la sua natura, grazie al padre che ha esaudito la sua richiesta, seppure con sommo dolore. Particolare rilevanza viene data alla veste e ai cappelli di Dafne mossi dal vento, mentre si evidenzia una scarsa cura nella resa dei sentimenti: le espressioni dei protagonisti sembrano quasi astrarsi dall’evento che avviene davanti ai nostri occhi, i loro volti sembrano fortemente idealizzati, e non si riesce quasi più a cogliere né la sorpresa di Apollo, né la soddisfazione della ninfa per esser riuscita a tener fede al suo voto.
Elisa Saviani