59: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Nicolas Poussin

Datazione: 1625 circa

Collocazione: Monaco, Alte Pinakothek, già nella Collezione dell’elettore di Baviera nel 1781

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (97 x 131 cm)

Soggetto principale: Dafne e Apollo           

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne, Peneo, Cupido, puttini

Attributi: corona d’alloro, faretra, lira (Apollo); mani in forma di rami d’alloro (Dafne); corona di foglie, urna (Peneo); arco, freccia (Cupido)

Contesto: paesaggio campestre

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: StechowW, Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; BluntA., The Paintings of Nicolas Poussin: Critical Catalogue, Phaidon, Londra 1966, cat. n. 130;Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 520-521; Thuillier J., L’Opera completa di Poussin, Classici dell'Arte Rizzoli, Milano 1974, cat. n. 22; Wright C., Poussin Paintings: a Catalogue Raisonné, Herlequin, Londra 1985, n. 14; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 328

Annotazioni redazionali: Questo soggetto venne affrontato più volte dall’artista durante la sua carriera, e qui ne abbiamo un primo esempio. Non si tratta certamente di una composizione di tipo narrativo, Poussin, infatti, non ha voluto riunire vari momenti della vicenda, come accadeva nelle illustrazioni che corredavano il testo ovidiano, principale fonte d’ispirazione per la realizzazione delle opere che avevano per protagonista la bella ninfa, bensì ha voluto fornire un’immagine riassuntiva del mito, quasi emblematica. Apollo non è qui in movimento, non sta inseguendo Dafne, è seduto ai piedi di un albero, di spalle, e solleva le braccia ed il volto verso la ninfa, tenendo fra le mani le foglie d’alloro, che le sono spuntate sul corpo. L’antefatto, ossia come si sia giunti a questa trasformazione, ed il sentimento che lega il dio alla fanciulla, è suggerito dalla presenza di Cupido, raffigurato in volo, quasi al centro della composizione, nell’atto di scagliare una freccia verso Apollo. Il dio dell’Amore fece, infatti, innamorare Apollo di Dafne per vendetta, in quanto questo aveva osato prendersi gioco delle sue qualità di arciere, in seguito all’uccisione del serpente Pitone. Colpito Apollo con la freccia che fa innamorare, aveva inoltre trafitto Dafne con quella che fa rifuggire l’amore: la ninfa pertanto, alla vista del dio aveva iniziato ad allontanarsi da lui, correndo il più lontano possibile, per mantenere fede al suo voto di castità, e al desiderio di vivere per sempre come una vergine cacciatrice dei boschi. Alla fine la fanciulla, sfinita, aveva chiesto aiuto al padre, il dio-fiume Peneo, implorandolo di trasformare il suo aspetto, purché Apollo non riuscisse ad averla. Tralasciando la raffigurazione della fuga movimentata, l’artista ci ha fornito qui un’immagine abbastanza statica della metamorfosi di Dafne, con le mani già in forma di rami e foglie d’alloro lungo il suo corpo. In quest’atmosfera quasi sospesa Poussin si è concentrato, piuttosto, sull’espressione dei sentimenti dei singoli protagonisti, accentuando il lato patetico dell’intera opera, suggerito già dalla contrapposizione fra colori accesi e colori scuri: Apollo è stupito dell’accaduto, pensava di poter finalmente avere la fanciulla, ma evidentemente è costretto a ricredersi, tiene, infatti, fra le mani le foglie d’alloro che sono spuntate sul corpo di Dafne, assistendo impotente, nonostante sia un dio, alla sua metamorfosi. Dafne, invece, mostra un’espressione assorta, quasi estatica, soddisfatta perché le sue preghiere sono state ascoltate, ed in tal modo potrà mantenere per sempre la verginità. Suo padre, il dio-fiume Peneo, raffigurato secondo l’iconografia classica, come un vecchio nudo con un’urna da cui fuoriesce dell’acqua, è profondamente addolorato, tiene il volto coperto da una mano per nascondere le sue lacrime: egli ha esaudito, infatti, il desiderio della figlia, seppure contro la sua volontà, giacché auspicava per quest’ultima un matrimonio felice e dei figli, in tal modo invece l’ha persa per sempre, e non potrà più rivederla. A fare da cornice, infine, alla scena, vi sono dei puttini sulla sinistra, che osservano tristi l’accaduto, e già portano dei rami d’alloro: da questo momento in poi, infatti, questa sarà la pianta sacra ad Apollo. Certamente prevale in quest’opera l’influsso del modello classico, ed è evidente lo stretto legame con le fonti, ma si è persa ormai quella freschezza e naturalezza propria degli antichi, non si ha più un’impressione della spontaneità, tutto sembra molto costruito e artefatto.

Elisa Saviani