58: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Domenico Zampieri, dettoDomenichino

Datazione: 1616-1618 (Salerno datava ancora gli affreschi al 1605-1606, ma già D’Onofrio, tenendo conto dei pagamenti fatti dal cardinal Pietro Aldobrandini, li collocava tra 1616-1618; datazione in seguito accettata unanimemente dalla critica)

Collocazione: Londra, National Gallery, già nella Villa Aldobrandini di Frascati

Committenza: Pietro Aldobrandini

Tipologia: dipinto parietale

Tecnica: affresco staccato

Soggetto principale: Dafne e Apollo         

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne

Attributi: mani in forma di rametti d’alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio campestre con fiume e città sullo sfondo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.nationalgallery.org.uk/cgi-bin/WebObjects.dll/CollectionPublisher.woa/wa/work?workNumber=NG6287

Bibliografia: SalernoL., A Domenichino series at the National Gallery: the frescoes from the Villa Aldobrandini, in "The Burlington Magazine", CV, Maggio 1963, pp. 200-203; D'Onofrio C., La Villa Aldobrandini di Frascati, Staderini, Roma 1963, p. 127; Spear R.E., Domenichino, New Haven-Londra 1982, I, cat. n. 55v; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 328

Annotazioni redazionali: L’affresco faceva originariamente parte della decorazione della Sala di Apollo nel padiglione del giardino della Villa Belvedere a Frascati, appartenente alla famiglia Aldobrandini. Gli affreschi, che, cominciando dalla parete a sinistra rispetto all’entrata, seguivano l’andamento della sala fino alla larga scena sopra l’ingresso, avevano per protagonista Apollo. Per quanto riguarda il programma degli affreschi, Salerno ha ipotizzato che Monsignor Agucchi ne potesse essere l’ispiratore. Per quanto riguarda, invece, gli esecutori materiali, si ritiene che a Domenichino si debba solamente il disegno della composizione: infatti, le figure vennero molto probabilmente eseguite da Alessandro Fortuna, un suo assistente, mentre il paesaggio è stato ascritto a G. B. Viola.In questi affreschi, infatti, largo spazio comincia ad essere dedicato al paesaggio, che tende sempre più ad assumere un ruolo di primo piano, finché in seguito non arriverà ad affermarsi come genere autonomo. Anche qui il paesaggio occupa buona parte della composizione, ed appare strutturato secondo una precisa dinamica: sullo sfondo, sulla punta di una rupe, di sviluppa una città con le sue possenti mura e costruzioni, circondata da una fitta vegetazione, al di sotto riconosciamo un fiume, la cui ansa sembra quasi avvolgere e circondare la rupe, lasciando anche intravedere la vegetazione sull’altra riva in lontananza, e le montagne dietro di questa. Su tale sfondo, sviluppato in profondità, si stagliano, in primo piano, incorniciati da due alberi slanciati sulla destra, i nostri protagonisti: la scena è quella tipica dell’inseguimento, con Apollo, vestito all’antica, e con il mantello gonfiato dal vento alle sue spalle, che insegue l’amata Dafne, sollevando un braccio come a volerla fermare. Dafne è davanti a lui, abbigliata come una ninfa classica in movimento, tanto che il suo vestito leggero è mosso dal soffio contrario del vento, fugge e si volta per accertarsi di quanto il dio sia lontano, ma già è iniziata la sua metamorfosi, le sue mani stanno già assumendo l’aspetto di rami, e presto la sua corsa sarà interrotta, ed il desiderio, da lei espresso in prossimità del padre, esaudito. In questo caso, infatti, la presenza di Peneo, dio-fiume padre della ninfa, è suggerita proprio dal fiume che si vede proprio dietro di lei: giunta in prossimità di questo, Dafne chiede di poter perdere per sempre quell’aspetto femminile, che tanti problemi le sta procurando, nonostante lei sia decisa a rimanere vergine e a non cedere all’amore. Il padre, seppur a malincuore, rispetta qui la volontà della figlia, e le concede ciò che a chiesto, impedendo così ad Apollo di soddisfare il suo amore.

Elisa Saviani