57: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Karel van Mander

Datazione: 1588 circa

Collocazione: Firenze, Galleria degli Uffizi

Committenza:

Tipologia: disegno

Tecnica: penna e acquerello

Soggetto principale: Dafne e Apollo          

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne, ninfe, Peneo ed altre divinità fluviali

Attributi: faretra (Apollo); gambe in forma di radici, braccia in forma di rami (Dafne); vasi, brocche, scettri, corone di foglie (ninfe); scettro, urna (Peneo); urne (divinità fluviali)

Contesto: paesaggio campestre con fiume

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: StechowW., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 509-510; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 328

Annotazioni redazionali: Il disegno di Karel van Mander, datato 1588, si collocata in un momento particolarmente decisivo della storia dell’arte, quel momento di passaggio dal Rinascimento al Barocco, comunemente definito Manierismo. L’organizzazione della scena, infatti, è ancora nettamente tributaria ai canoni rinascimentali: vi sono tre gruppi di personaggi ad occupare tutto lo spazio della composizione, fondato su di una rigorosa simmetria diagonale, che dall’angolo in basso a sinistra sale verso quello opposto, in alto a destra. In primo piano a sinistra sono tre ninfe, dai corpi snelli e dai colli allungati, secondo i canoni propri di questo periodo, intrecciate fra loro in maniera artificiosa, ed in posizioni contorte ed innaturali, come quella della fanciulla seduta di spalle, che sembra richiamare la figura serpentinata, introdotta a Roma dai seguaci di Michelangelo. In secondo piano a destra, invece, sono le divinità fluviali, fra le quali una posizione di spicco occupa Peneo, padre di Dafne, raffigurato più in alto, seduto su di una roccia: singolare risulta comunque questa sovrabbondanza, sembra cioè che tutte queste divinità siano state introdotte, pur non avendo una specifica funzione narrativa, per riempire ed affollare lo spazio della composizione, anche se comunque un posto privilegiato è stato riservato a Peneo, anche perché il paesaggio viene qui a perdere quel ruolo di primo piano che aveva avuto nelle opere precedenti, divenendo semplice elemento decorativo. Il movimento di questi due gruppi di spettatori, delle ninfe e delle divinità fluviali, è tutto orientato verso il centro della composizione, occupato da Apollo e Dafne. Il desiderio della ninfa di rifuggire l’amore del dio, nella volontà di tener fede al suo voto di castità, espresso una volta giunta in prossimità del padre Peneo, durante la sua corsa, è stato esaudito: Dafne è caratterizzata ancora da uno snello corpo di fanciulla, ma la parte terminale delle sue gambe ha già assunto la forma di radice, mentre le sue braccia, sollevate verso l’alto hanno l’aspetto di rami d’alloro. Apollo, con il mantello ed i capelli al vento, ha qui raggiunto la ninfa nella sua fuga, tuttavia, resosi conto che non la potrà mai avere, le chiede probabilmente almeno un bacio, prima che il suo aspetto umano svanisca per sempre. Ed infatti, al centro i due personaggi sono raffigurati nel momento in cui si scambiano un bacio passionale: un gesto innovativo e controcorrente sia rispetto alla tradizionale iconografia del mito, sia rispetto alla tradizione letteraria, a significare quasi una vittoria finale dell’amore, una vittoria radicale, non solo sul dio, ma anche sui propositi della ninfa; un gesto che diverrà tipico del Barocco, nella volontà di stupire e “meravigliare” lo spettatore.

Elisa Saviani