56: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Hendrik Goltzius

Datazione: 1585-1590 circa

Collocazione: Londra, British Museum

Committenza:

Tipologia: stampa

Tecnica: acquaforte

Soggetto principale: Dafne e Apollo           

Soggetto secondario: la morte di Pitone, la disputa fra Apollo e Cupido

Personaggi: Apollo, Dafne, Pitone, Cupido

Attributi: arco, faretra, corona d’alloro (Apollo); mani e capelli in forma di rami e foglie d’alloro (Dafne); corpo in forma di drago (Pitone); arco con freccia (Cupido)

Contesto: paesaggio campestre roccioso, con città sullo sfondo a sinistra

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: StechowW., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 256; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1330-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 327

Annotazioni redazionali: Hendrik Goltzius illustrò i primi quattro libri delle Metamorfosi di Ovidio in cinquantadue acqueforti, donando a ciascuna un’intensità ed un rilievo proprio. Si tratta sempre di composizioni per lo più di tipo narrativo, che, come in questo caso, tendono a fondere vari momenti successivi del racconto, e quindi a presentare i protagonisti degli episodi anche più volte, ma si evidenzia qui un’importante evoluzione sia nella coerente strutturazione delle illustrazioni, che nella resa formale. Goltzius ha qui relegato sullo sfondo sia la morte del serpente Pitone, che lo scontro verbale fra Cupido ed Apollo, a causa della superbia mostrata da quest’ultimo in seguito alla vittoria sul mostro, con il dio dell’Amore che decide poi di punirlo, trafiggendolo con la freccia che fa innamorare, per concentrare tutta l’attenzione sul gruppo principale di Apollo e Dafne, operando, in tal senso, una scelta diametralmente opposta a quella compiuta da Giovanni Antonio Rusconi, nella sua illustrazione del mito per le Trasformationi di Lodovico Dolce, pubblicate a Venezia nel 1553, in cui il corpo di Pitone morto dominava gran parte della scena (Cfr. scheda opera 51). L’inserimento dei due episodi sullo sfondo veniva, così, ad essere giustificato solo dalla necessità di fornire l’antefatto alla scena raffigurata in primo piano, mentre questi perdevano importanza dal punto di vista figurativo. In primo piano l’artista fissa il momento drammatico e carico di pathos in cui Apollo sta per affamare Dafne: il dio, ancora in movimento, sembra aver raggiunto la ninfa alle spalle, e questa, voltatasi probabilmente per accertarsi quanto lontano fosse Apollo, sembra invece girarsi violentemente dalla parte opposta per riprendere velocemente la sua fuga, quasi inconsapevole di quello che sta accedendo al suo corpo. Dafne, infatti, aveva pregato suo padre, il dio fiume Peneo, di cui qui non vi è però alcuna traccia, di trasformarla affinché il dio non l’avesse, ed il suo desiderio è stato evidentemente esaudito, se già le sue mani ed i suoi capelli hanno assunto la forma di foglie d’alloro. Perciò, nonostante il suo slancio, Dafne rimarrà probabilmente qui fissa, ed il suo corpo in breve muterà del tutto, così che al dio non resterà che eleggere la pianta dell’alloro, come a lui sacra, ed intrecciarne le foglie a formare la corona, che qui già indossa. Il movimento rotatorio violento dei corpi è sottolineato dai panneggi dei due protagonisti, mentre il paesaggio roccioso, scurito attraverso l’uso di tratti sottili, sfruttando quindi il mezzo incisorio, contribuisce a sottolineare la drammaticità dell’evento raffigurato, trovando una perfetta corrispondenza nella pateticità delle attitudini di Apollo e Dafne.

Elisa Saviani