Titolo dell'opera: Apollo e Dafne
Autore: Giovanni Battista Franco
Datazione: seconda metà del XVI sec.
Collocazione:
Committenza:
Tipologia: stampa
Tecnica: incisione, 8,7x19 cm
Soggetto principale: Corteo di baccanti
Soggetto secondario: Dafne e Apollo
Personaggi: Apollo, Dafne, baccanti, musico, Fortuna (?), Povertà (?)
Attributi: gambe in forma di tronco d’albero, capelli e mani come rami d’alloro (Dafne); lira (Apollo); strumenti musicali, faci accese (baccanti); strumento (musico); timone, globo (Fortuna ?); bisaccia (Povertà ?)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: The Illustrated Bartsch, vol. 32, Italian artists of the sixteenth century school of Fontainebleau, a cura di Zerner H., Abaris Book, New York 1979, 86. II (151)
Annotazioni redazionali: Si tratta probabilmente di un’incisione derivata dall’osservazione di rilievi e sarcofagi antichi, del periodo ellenistico-romano, considerata la presenza, quasi al centro della composizione, di una menade danzante con i tamburelli in mano, leggermente sbilanciata all’indietro, che richiama appunto alcune figure presenti su opere ellenistiche, e considerata la disposizione stessa di tutti i personaggi, lungo una linea orizzontale, proprio come in un fregio o su di un sarcofago.Tale raffigurazione, inoltre, sembra ispirata a due differenti rilievi antichi, se non di più, qui riuniti a formare un’unica composizione, giacché si evidenzia quasi una netta separazione fra il gruppo di figure sulla sinistra ed Apollo e Dafne sulla destra. Partendo dal margine sinistro riconosciamo una figura emaciata, dal seno pendente, che tiene sollevata con la mano sinistra una bisaccia, forse intenta a chiedere l’elemosina, e potrebbe pertanto trattarsi della figura della Povertà; accanto a lei, al contrario, è una figura di donna grassa, con un timone nella mano destra, probabilmente in riferimento ai marinai, il cui destino per mare era in balia della natura, e seduta in modo precario su di un globo stellato, sorretta perciò da un piccolo satiro, in quanto chiaramente instabile: questa donna caratterizzata in tal modo potrebbe voler rappresentare la Fortuna. Vi è quindi un gruppo di quattro menadi con un musico, intento a suonare uno strano strumento a fiato, delle quali una, al centro, agita dei tamburelli come in preda ad un furore orgiastico, mentre due, una vista frontalmente e l’altra di spalle portano delle faci accese. Infine, leggermente separati, sulla destra, si riconoscono Apollo e Dafne: il dio, che ha qui lasciato cadere a terra la sua lira, seduto su una roccia abbraccia con un’espressione afflitta, l’amata Dafne, già trasformata in parte in albero d’alloro. Interessante è che mentre il gruppo sulla sinistra sembra in movimento, si veda soprattutto il panneggio della menade con i tamburelli al centro, il gruppo di Apollo e Dafne è invece statico, e non si tratta qui di una raffigurazione di tipo narrativo del mito: il dio è seduto su di una roccia, ha smesso di inseguire la ninfa, giacché ormai l’ha raggiunta, ma proprio a questo punto, mentre finalmente l’abbraccia, si rende conto che Dafne sta assumendo una forma vegetale, con i piedi già conficcati nel terreno, in forma di radici, dei rami che si avvolgono attorno al suo corpo ancora di donna, e le braccia come i capelli sollevati verso l’alto in forma di rami. Ora, non solo il tipo di composizione, ma anche la resa dei personaggi, appena abbozzati, e dalle forme pesanti, fa pensare alla diretta trascrizione di un rilievo antico, a conferma di questa tendenza comune nel Rinascimento ad uno studio delle opere classiche, allora riscoperte e ritrovate, per riappropriarsi di forme e contenuti. Dal punto di vista del contenuto, e della scelta di tali episodi figurativi riuniti in un’unica composizione, al di là della generica spiegazione per cui il gruppo di figure femminili poteva essere stato introdotto a cantare un coro in lamento per la metamorfosi di Dafne, sembra di poter rilevare la volontà di abbinare dei concetti contrari: la Povertà con la Fortuna, e lo spirito dionisiaco irrazionale con quello apollineo razionale, anche se in questo caso di Apollo ci viene mostrata l’impotenza di fronte all’Amore, ed il suo doversi arrendere al sentimento.
Elisa Saviani