
Titolo dell'opera: Apollo e Dafne
Autore: Anonimo artista della prima metà del XVI sec.
Datazione: metà del XVI sec.
Collocazione: Londra, British Museum
Committenza:
Tipologia: placchetta bronzea
Tecnica: cesellatura, diametro 3,4cm
Soggetto principale: Dafne e Apollo
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Dafne
Attributi: arco (Apollo); mani in forma di rami d’alloro e piedi in radici (Dafne)
Contesto: campagna
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Reinassance plaketten, cat. n. 207
Annotazioni redazionali: La raffigurazione del mito di Apollo e Dafne su questa placchetta aveva probabilmente solo una finalità decorativa, tuttavia gli elementi essenziali all’individuazione della scena e dei personaggi rappresentati sono stati perfettamente inseriti, ed inoltre si evidenzia una particolare cura nella definizione di tutti i particolari, come nella resa dei protagonisti. Apollo è qui raffigurato come arciere, con il classico arco nella sinistra, ma soprattutto con un abbigliamento all’antica di tipo romano, che risente evidentemente di quella tendenza alla conformità storica, che particolare attenzione aveva suscitato negli artisti attivi durante la prima metà del secolo. Così Dafne non indossa più abiti contemporanei, bensì viene raffigurata seminuda, con delle forme ben definite ed ancora riconoscibili come femminili, solamente le sue mani e i piedi, infatti, hanno iniziato a perdere l’aspetto umano, trasformandosi rispettivamente in rami d’alloro e radici. Inoltre il forte in flusso dell’iconografia codificata dalle arti maggiori, ed in particolare dalla pittura, si riscontra qui, non solo nella raffigurazione del dio e della ninfa, ma anche nella definizione, o meglio fusione, di due momenti del racconto ovidiano, e quindi più in generale nella composizione in sé. Apollo, infatti, insegue la ninfa di cui si è perdutamente innamorato per vendetta personale del dio Cupido, e crede qui di averla ormai raggiunta, tanto che solleva la mano destra ad afferrarla, tuttavia Dafne, che era una vergine votatasi a Diana, volendo tener fede al suo voto di castità, aveva a questo punto implorato il dio-fiume Peneo, suo padre, di trasformarla, ed anche se qui non è raffigurato, e non riconosciamo neppure un riferimento al corso d’acqua, è evidente che il desiderio della ninfa si sta compiendo. Dafne, mentre Apollo è ancora in movimento, come mostrano i suoi capelli ed i vestiti mossi dal vento, e cerca di afferrarla, ha già iniziato a cambiare il suo aspetto da umano a vegetale, e la sua fuga sembra essere terminata, giacché mentre il suo corpo sembra ancora protendersi in avanti, le sue gambe rimangono fisse nel terreno, essendo i suoi piedi divenuti radici. Il dio, perciò, non riuscirà mai in realtà a raggiungerla, ed il suo unico ricordo di Dafne sarà la corona d’alloro, che subito dopo intreccerà con le foglie della pianta in cui questa si è trasformata.
Elisa Saviani