
Titolo dell'opera: Apollo e Dafne
Autore: Matteo Balducci (attr.), o Apollonio di Giovanni (attr.)
Datazione: prima metà del XVI sec.
Collocazione: Berlino, Galleria Van Diemen
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: tempera su tela
Soggetto principale: Dafne e Apollo
Soggetto secondario: il Giudizio di Paride
Personaggi: Dafne, Paride, Venere, Minerva, Giunone
Attributi: mani in forma di rametti d’alloro (Dafne); mela, gregge (Paride)
Contesto: paesaggio campestre
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Stechow W., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; GombrichE., Apollonio di Giovanni, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", XVIII, 1955, 1-2, pp. 16-34; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 248; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 327
Annotazioni redazionali: Interessante raffigurazione del momento della metamorfosi di Dafne, inserita in un paesaggio campestre, con la scena del Giudizio di Paride che s’intravede sullo sfondo. Forse l’artista voleva qui porre l’attenzione sul tema della scelta, ed in particolare sul voto di castità fatto da Dafne, figura che per tener fede a ciò in cui crede chiede anche di essere trasformata in un vegetale. Dafne era considerata uno dei più alti esempi di castità, per questo il mito veniva spesso raffigurato sui cassoni nuziali, per invitare la sposa a scegliere un amore casto e non lussurioso, e a questa stessa realtà potrebbe perciò ricollegarsi anche il dipinto. La ninfa è raffigurata mentre fugge voltandosi a guardare il suo inseguitore, Apollo, che tuttavia non compare nella scena: indossa un vestito semplice e leggero, gonfiato dal vento nella corsa, mentre i suoi capelli sono scomposti dall’aria che spinge in senso contrario al suo movimento. Le sue mani si stanno già trasformando in rametti d’alloro, e presto la metamorfosi sarà completa, anche se a noi è dato vederne solamente l’inizio, mentre sappiamo che Apollo non riuscirà a raggiungere in tempo la sua amata. Tuttavia, forse, l’albero isolato che si vede sullo sfondo a destra, doveva alludere nelle intenzioni dell’artista, proprio alla conclusione del mito, ossia alla definitiva trasformazione di Dafne in alloro. La ricerca di un sempre maggiore naturalismo, da parte degli artisti, si fa qui evidente: particolare attenzione è stata indubbiamente dedicata al paesaggio campestre, alla figura di Paride pastore e alle tre dee nude e non più avvolte in anacronistici abiti contemporanei; ma soprattutto l’immagine di Dafne sembra sia stata creata prendendo come riferimento un rilievo classico con una ninfa/menade in corsa, nella volontà di riappropriarsi di quella capacità, perduta, di raffigurare il movimento, ed i panni gonfiati dal vento, che era propria degli antichi. Inoltre, non abbiamo più l’immagine di un ibrido: la futura metamorfosi di Dafne viene solo accennata, e poi, forse, mostrata come conclusa nello sfondo, piuttosto che raffigurata in atto.
Elisa Saviani