47: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Jacopo Robusti, detto il Tintoretto

Datazione: 1541-1542

Collocazione: Modena, Galleria Estense

Committenza: conti Pisani di San Paterniano

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tavola (153 x 133 cm)

Soggetto principale: Dafne e Apollo

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne

Attributi: braccia in forma di rami d’alloro e gambe in forma di tronco (Dafne)

Contesto: esterno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.galleriaestense.it/sovrane/sofftint.htm

Bibliografia: StechowW., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Pallucchini R., I dipinti della Galleria Estense di Modena, Cosmopolita, Roma 1945, pp. 173-176; Pallucchini R., La giovinezza del Tintoretto, Guarnati, Milano, 1950, p. 78 sgg.; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 279; Pallucchini R.-Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, p. 16, n. cat. 21; Davidson Reid J.- Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 327; Krischel R., Tintoretto, Reinbek bei Hamburg, Rowohlt 1994, pp. 23-25

Annotazioni redazionali: Il dipinto fa parte di una serie di quattordici tavole ottagonali (in origine sedici) con episodi mitologici, acquistate nel 1653 a Venezia. Queste tavole sono state identificate con quelle ricordate da Carlo Ridolfi ne Le maraviglie dell’arte ovvero Le vite degli illustri pittori veneti e dello stato (Venezia 1648), e che probabilmente decoravano il soffitto di un locale del palazzo dei conti Pisani di San Paterniano. I critici in passato hanno talvolta attribuito queste tavole allo Schiavone, oppure le hanno considerate eseguite in collaborazione dallo Schiavone e da Tintoretto, tuttavia, la maggior parte degli studiosi sembra oggi orientata ad ascriverle al solo Tintoretto. Ciò che risulta maggiormente interessante ed innovativo in quest’opera è il punto di vista da cui l’artista ha raffigurato la scena dell'inseguimento, per cui lo spettatore non osserva i due protagonisti frontalmente o di profilo, come avveniva nella maggior parte delle opere precedenti, bensì di spalle, i personaggi sono davanti a lui. Apollo però è qui privo di qualsiasi attributo che ne faciliti l’identificazione, perciò dapprima è possibile distinguere solamente un personaggio maschile nudo, visto di spalle, che insegue e cerca di afferrare un personaggio femminile, il cui vestito sollevato dal vento finisce fra le gambe di questo ed i cui lunghi capelli sono sparsi all’indietro. Mentre è proprio questo secondo personaggio in fuga, che permette di definire il soggetto dell’opera: il fatto che abbia le braccia in forma di rami e la parte inferiore del corpo in forma di tronco, ci consente di affermare che si può trattare solamente di Dafne in fuga da Apollo. Dafne è colta nel momento in cui, pur cercando in tutti i modi di allontanarsi dal dio, sta per essere raggiunta, giacché la parte inferiore del suo corpo, i piedi e le gambe, si è dapprima intorpidita, poi è stata avvolta da uno strato di corteccia, ed infine è rimasta conficcata nel terreno. Apollo, perciò, resosi conto che la fanciulla di cui si è perdutamente innamorato ha rallentato la sua fuga, sembra qui quasi gettarsi con impeto al collo di Dafne per averla finalmente. In questo caso tuttavia l’opera non sembra tanto incentrata sulla metamorfosi di Dafne, che pure ne rende riconoscibile i protagonisti: non viene, infatti, fornita nessuna giustificazione a tale trasformazione e non appare la personificazione del dio-fiume Peneo, padre della ninfa, che pure la favorisce, bensì il dipinto è tutto giocato sull’impeto dell’inseguimento, sulla foga di tale movimento, reso non solo con il vestito di Dafne gonfiato dal vento, ed il drappo in volo, ma anche con il piede sinistro del dio, che sembra quasi fuoriuscire dal quadro, per invadere lo spazio dell’osservatore, e negare quindi qualsiasi distinzione fra il piano dell’opera e quello dello spettatore. Tale effetto, inoltre, è stato ricercato dall’artista non solo con la raffigurazione dei due protagonisti di spalle, ma anche con questa ripresa da sotto in su: entrambe, infatti, favoriscono l’identificazione dell’osservatore con i protagonisti e contribuiscono a negare qualsiasi differenza fra l’opera e la realtà.

Elisa Saviani