43: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Andrea Meldolla, detto Lo Schiavone

Datazione: 1538 circa   

Collocazione:    

Committenza:

Tipologia: stampa

Tecnica: acquaforte

Soggetto principale: Dafne e Apollo

Soggetto secondario: 

Personaggi: Apollo, Dafne, Peneo

Attributi: lira (Apollo); piedi in forma di radici, mani in forma di rami d’alloro (Dafne); urna e corona di foglie (dio-fiume Peneo)

Contesto: paesaggio campestre con giunchi e fiume

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Richardson F.L., Andrea Schiavone, Clarendon Press, Oxford 1980, pp. 99-100, cat. 100; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 327

Annotazioni redazionali: Quest’incisione rientra nella serie di quelle che vengono definite le “mitologie primitive” dello Schiavone, piccole lastre, di tre personaggi al massimo, a carattere per lo più mitologico, che risentono fortemente dello stile del Parmigianino, seppure non si tratta di vere e proprie copie. Le figure, infatti, sono assai longilinee e presentano colli allungati, ma, in questo caso, l’artista non ha ricercato una precisa resa atmosferica, che sarà invece il cardine della sua ricerca successiva, proprio in collegamento all’insegnamento del Parmigianino, ed il tratto è molto leggero e poco attento ad una decisa definizione dei particolari. L’incisione in questione dovette, infatti, rappresentare la prima prova di un tema che venne poi ripreso più volte dal Meldolla, ed in cui appunto sempre maggiore cura sarà riservata alla resa dell’aria e dell’atmosfera che avvolge ogni cosa. In questo caso la composizione è molto semplice, ma soprattutto sembra eliminato il momento della fuga-inseguimento, solitamente fuso con quello della metamorfosi di Dafne. Apollo sulla sinistra, completamente nudo, è qui riconoscibile solamente per la presenza della lira, suo attributo poiché dio della musica, cui si appoggia con la mano destra. Il dio, quindi, non è caratterizzato come arciere, come invece accade di solito nelle raffigurazioni di questo mito, in cui appunto egli porta l’arco e la faretra, anche in collegamento all’episodio scatenante di tutta la vicenda: essendosi vantato con Cupido della sua bravura con l’arco, in seguito all’uccisione del serpente Pitone, egli venne, infatti, trafitto per punizione dal dio dell’Amore con una freccia che lo fece innamorare di Dafne, e gli dimostrò la superiorità dell’Amore anche sugli dei. Apollo perciò è raffigurato fermo, appoggiato alla sua lira, ma nello stesso tempo con la mano sinistra sollevata ad afferrare l’amata Dafne, qui più alta, dal momento che i suoi piedi si sono già allungati in forma di radici, e si sono conficcati nel terreno, nello stesso momento in cui le sue braccia si sono distese e fissate come rami. Dafne, sulla destra, è stata colta nel momento in cui inizia la sua metamorfosi, che diviene qui centrale, giacché è stata eliminata la raffigurazione della fuga. Tale centralità è confermata anche dalla presenza in basso, disteso a terra fra Apollo e la ninfa, del dio-fiume Peneo, padre di Dafne, che favorì la trasformazione della figlia, dando ascolto alle sue preghiere e rinunciando al suo desiderio di avere dei nipoti.

                                                                              Elisa Saviani