41: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Giovanni Jacopo Caraglio

Datazione: 1527 circa

Collocazione: Oxford, Ashmolean Museum

Committenza: Baviero de’ Carrocci, detto il Baviera

Tipologia: stampa

Tecnica: incisione su rame

Soggetto principale: Dafne e Apollo          

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne, Peneo

Attributi: faretra, arco (Apollo); mani in forma di rami d’alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio fluviale

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Stechow W., Apollo und Daphne, Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 196, 252; Dunand L.-Lemarchand P., Le Compositions de Titien intitulées les Amours des Dieux gravées par Gian-Jacopo Caraglio selon les dessins préparatoires de Rosso Fiorentino & Perino del Vaga, II, Slatkine, Losanna 1989, p. 460, cat. n. 11; Davidson Reid J.-Rohmann, The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 327

Annotazioni redazionali: Si tratta di un’incisione realizzata dal Caraglio su disegno di Perin del Vaga, per la serie degli Amori degli Dei pubblicata a Roma, attorno al 1527, dall’editore Baviera, che aveva voluto seguire l’esempio immediatamente precedente di Marcantonio Raimondi, il quale aveva inciso, su disegni di Giulio Romano, la serie dei Modi, ed aveva ottenuto allora ampio successo, nonostante la censura da cui venne poi colpito. Come nelle altre incisioni della serie, quindi, viene qui raffigurato l’amore di un dio, ed in particolare l’amore di Apollo per Dafne, fissato nel momento saliente dell’inseguimento e della contemporanea metamorfosi della ninfa. Apollo, che qui segue ormai pienamente il modello classico, nudo, con la faretra dietro la schiena e l’arco, che nella foga della corsa gli è però caduto a terra, sembra lanciarsi qui ad afferrare Dafne, ma la ninfa ha già iniziato a mutarsi in vegetale, le sue mani hanno, infatti, assunto la forma di ramoscelli, e i suoi piedi sembrano essersi fissati al terreno. A conferma del momento raffigurato, e del fatto che Apollo non potrà mai avere la ninfa, che riuscirà invece a tener fede al suo voto di castità, in basso a sinistra, quasi a fare da cornice all’evento della metamorfosi, l’artista ha raffigurato il dio-fiume Peneo, padre di Dafne, che ne favorisce appunto la trasformazione, e con il suo aspetto contribuisce a donare pateticità all’evento. La composizione sembra ispirarsi soprattutto al filone di quelle incisioni, raffiguranti questo preciso istante del mito, che aveva avuto inizio alla fine del Quattrocento con Liberale da Verona, ed aveva influenzato anche Agostino Veneziano, è evidente qui il raggiungimento di un maggiore naturalismo, rispetto ai primi esempi, ma nello stesso tempo di un eccesso nella resa del movimento, con il vestito di Dafne, il mantello di Apollo, l’acqua del fiume, come investiti da un forte vento. Nel margine inferiore di quest’incisione, come in quello delle altre serie, sono i seguenti versi, diretti qui da Apollo a Dafne:

Invidiosa scorza a che t'affretti

chiuder il chiaro viso et desiato

perché più tosto pia non aspetti

ch’io ne furi alcun bacio in questo stato.

Così disendo et frondi et rami schietti

invece strinse del bel corpo amato

di cui gustando il frutto dise serva

lusato amaro anchor questa proterva.

Elisa Saviani