32: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Giorgione (attr. da Morelli e Berenson, fino al 1957);  Tiziano (attr. da Pallucchini e Zampetti); Paris Bordon (attr. da Canova)

Datazione: 1510-1515 circa 

Collocazione: Venezia, Seminario Patriarcale

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tavola, 64x130 cm

Soggetto principale: Dafne e Apollo

Soggetto secondario: Apollo uccide Pitone

Personaggi: Apollo, Dafne, Cupido, Pitone (tagliato), figure secondarie (non identificabili con precisione)

Attributi: arco, faretra (Apollo); arco (Cupido); mani in forma di rami d'alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio campestre con fiume e ponte, e città sullo sfondo a sinistra

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Schubring P., Cassoni, Karl W. Hiersemann, Leipzig 1923, cat. 879, p. 415; Berenson B., Italian Pictures of the Reinaissance: Venetian School, Phaidon, Londra 1957, p. 84; Canova G., Paris Bordon, Alfieri, Venezia 1964, p. 114;Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusq'a la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1968, p. 249; Wethey H.E., The Paintings of Titian, III, The Mythological and Historical Paintings, Phaidon, Londra 1975, n. X-4; Pignatti T, Giorgione, Alfieri, Milano 1978, n. A60; Margiotta A.-Mattirolo A., Il mito di Apollo e Dafne, in, Giorgione e la cultura veneta tra Quattro e Cinquecento. Mito, allegoria, analisi iconologica, De Luca Editore, Roma 1981, p. 162; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 326

Annotazioni redazionali: Si ritiene che l'opera fosse la fronte di una cassone nuziale, tagliato probabilmente in seguito a sinistra, in corrispondenza all'episodio dell'uccisione del serpente Pitone da parte di Apollo. Questa composizione sembra legata ad un intento di tipo narrativo, come del resto lo erano i cassoni dipinti della fine del Quattrocento, inoltre sembra anche riproporre il modello di raffigurazione fornito dalla prima edizione volgare ed illustrata delle Metamorfosi di Ovidio, stampata a Venezia nel 1497. Infatti, vengono qui riproposti i vari momenti del racconto ovidiano in una successione che da sinistra, dall'uccisione del serpente Pitone, di cui tuttavia oggi distinguiamo la sola figura di Apollo, con l'arco teso, pronto ad infliggere il colpo finale al mostro che doveva essere posto di fronte a lui, prosegue al centro, sullo sfondo, dove si svolge la disputa tra Apollo, in terra, e Cupido, in cielo su di una nuvola, nella quale Apollo si vanta della sua recente impresa e denigra le capacità del fanciullo Cupido come arciere, per tornare infine di nuovo al primo piano, all'estrema destra, dove è appunto raffigurato l'episodio dell'inseguimento della bella Dafne da parte del "cacciatore" Apollo. L'artista, inoltre, ha qui fuso due momenti consecutivi del mito, quello in cui Apollo, colpito per vendetta da Cupido con la freccia dell'amore, comincia ad inseguire la ninfa Dafne, trafitta invece dalla freccia che fa rifuggire l'amore, e quello della metamorfosi di Dafne in alloro, in seguito alla preghiera da lei rivolta al padre, il dio-fiume Peneo, forse proprio quel fiume non molto lontano, che s'intravede sullo sfondo a sinistra. I due, infatti, sono in movimento, ma Dafne, che qui ha ancora la parte inferiore del corpo in forma umana, e quindi può correre, mostra già delle dita in forma di rametti d'alloro, ad anticipare quella che sarà la sua successiva metamorfosi.Ora, una raffigurazione di questo genere, di tipo prettamente narrativo, sembrerebbe escludere una qualsiasi lettura allegorica del mito, tuttavia alcuni critici hanno ipotizzato che vi si possa anche riconoscere l'allegoria del contrasto fra mito e storia, una tipica concezione umanistica. La città sullo sfondo rappresenterebbe, pertanto, il piano della storia, in cui la società organizzata secondo determinate regole, mentre il primo piano, dove si svolgono le vicende di Apollo e del serpente Pitone, e della ninfa Dafne, è quello del mito, ma anche quello della natura non ordinata in modo rigido ed aperta a qualsiasi tipo di metamorfosi. Questo tipo di contrapposizione fra vita attiva e vita contemplativa, che era appunto uno dei problemi centrali all'inizio del Cinquecento, affrontato soprattutto da filosofi e letterati di ambito neoplatonico, come da Leone Ebreo, ad esempio, proprio a Venezia, potrebbe essere, sempre secondo alcuni critici, adombrato anche nelle figure secondarie della composizione, come i due personaggi con le lance in spalla in secondo piano al centro, che rappresenterebbero la vita attiva, ed il personaggio sdraiato sotto un albero leggermente più indietro, che potrebbe invece essere un'allegoria della vita contemplativa. In conclusione, se si accetta quest'ipotesi di una lettura allegoria dell'opera, il fatto che qui venga dato maggior risalto al piano del mito, potrebbe rappresentare un invito a riavvicinarsi alla dimensione naturalistica, un invito a ricercare quell'armonia perduta con la natura, che era stata propria del mondo antico, e che l'uomo contemporaneo doveva cercare di ristabilire.

Elisa Saviani