
Titolo dell'opera: Lottà tra Amore e Castità
Autore: Pietro Vannucci, detto Il Perugino
Datazione: 1503-1505
Collocazione: Parigi, Museo del Louvre, già nella Collezione del Cardinale Richelieu
Committenza: Marchesa Isabella d'Este di Mantova
Tipologia: dipinto
Tecnica: tempera su tela (160 x 191 cm)
Soggetto principale: Lotta tra Amore e Castità
Soggetto secondario: Apollo e Dafne, Giove ed Europa, Mercurio e Glaucera, Poliremo e Galatea, Plutone e Proserpina, Nettuno e la ninfa che diventa cornacchia
Personaggi: Minerva, Diana, Venere, Amore, ninfe seguaci di Minerva e Diana, fauni, satiri e amorini seguaci di Venere e Cupido, Apollo, Dafne, Giove in toro, Europa, Mercurio, Glaucera, ninfa di Minerva, Polifemo, Galatea, Plutone, Proserpina, Nettuno
Attributi: armatura ed elmo (Minerva); asta (Minerva); albero d'olivo (Minerva); civetta (Minerva); arco d'argento, strale d'oro, benda sugli occhi (Cupido); arco e freccia (Diana); face (Venere); albero di mirto (Venere); aste, archi e scudi (ninfe seguaci di Minerva e Diana); piccoli archi di legno e ferro (amorini seguaci di Venere e Cupido); cestino (Glaucera); braccia in forma di rami (Dafne); tronco sulla testa (Dafne); forcone (Plutone)
Contesto: paesaggio campestre con fiume o lago
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.sts.tu-harburg.de/projects/WEL/Teaching/SeminarWiSe9900/studiolo/Bildprogramm.html
Bibliografia: Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 250; Scarpellini P., Perugino, Electa, Milano 1984, pp. 109-110, cat. 132
Annotazioni redazionali: Sembra che la marchesa Isabella di Mantova prendesse contatto con il Perugino a Firenze, per fargli realizzare un quadro destinato al suo studiolo in Palazzo Ducale, già nel 1497, tuttavia il vero e proprio contratto di allogazione si ebbe solo nel gennaio del 1503. In base a tale contratto il Perugino avrebbe dovuto consegnare il dipinto nel giugno successivo, ma il lavoro venne terminato solo nel giugno del 1505, senza neppure raggiungere un risultato pienamente soddisfacente: il Perugino ne implicò la causa alla tecnica utilizzata, della tempera di colla, ma la realtà dovette essere un'altra, i critici, infatti, hanno spesso sottolineato come il problema principale risiedesse nel soggetto, che era poco adatto ad un pittore di madonne e santi.Sappiamo che tale soggetto, della Lotta tra Amore, o meglio Lascivia, e Castità, venne espressamente richiesto al pittore da Isabella d'Este, la quale aveva probabilmente intenzione di aggiungere l'opera ad altre sempre di soggetto allegorico-mitologico, che dovevano servire da monito e come forma di educazione, che si trovavano appunto nel suo studiolo. Qui, infatti, o meglio nell'appartamento del Paradiso, dove erano stati trasferiti nel 1605 dal duca Vincenzo, assieme all'opera del Perugino, il Cardinale Richelieu poté ammirare, e quindi entrarne in possesso tra 1624 e 1627, due quadri del Mantenga, il Parnaso e il Trionfo della Virtù, due del Costa, Allegoria della Corte di Isabella, Comus, due del Correggio, Allegoria delle Virtù, Allegoria dei Vizi. Attorno al 1496, in una lettera, Isabella esprime il desiderio di far decorare il suo studiolo con pitture, rappresentati delle historie, e commissionate a diversi pittori del tempo: ogni quadro, inteso come poetica invenzione, doveva rifarsi alla cultura antica e nello stesso tempo celare un significato moraleggiante. Incentrando tali opere sul contrasto tra vizi e virtù, Isabella si fece portatrice d'istanze culturali assai attuali: tale contrasto, infatti, era molto sentito ed era oggetto di discussione da parte di diversi umanisti dell'epoca, si veda, ad esempio, il De natura de Amore, di Mario Equicola, terminato nel 1501 e dato alle stampe nel 1525, dedicato proprio ad Isabella d'Este, che rappresentava una sorta di repertorio delle teorie amorose contemporanee, volto in principal modo all'affermazione dell'amore casto. Isabella, quindi, stabilì che l'opera del Perugino rappresentasse in primo piano la battaglia di Castità, impersonata da Minerva e Diana, contro Lascivia, impersonata da Venere e Cupido, definendo in maniera precisa posizioni, atteggiamenti, e attributi dei personaggi principali, ed, inoltre, suggerì al pittore di raffigurare sullo sfondo una serie di miti, connessi alla scena di lotta in primo piano, che potevano essere esempio di castità o lascivia: [...]sopra el lito del detto fiume o mare Iove con altri Iddei, come nemico di castità, trasmutato in tauro portasse via la bella Europa; [...], Polifemo Ciclope con un sol occhio corresse dietro a Galatea, et Phebo a Daphne già conversa in lauro [...]; (contratto di allogazione stipulato a Firenze il 19 gennaio del 1503). Apollo, perciò, assieme ad altri dei, era qui considerato esempio di lascivia, da contrapporre a Dafne, considerata allora uno dei massimi esempi di castità e quindi di virtus. Isabella decretò, con il contratto, quali dovevano essere i miti raffigurati, ma la grandezza e la libertà dell'artista si sarebbero rivelati nell'invenzione. Perugino riprese l'iconografia classica del momento della metamorfosi, giacché in questo caso sembrava la più adatta a comunicare in modo immediato il concetto, ossia il trionfo della castità sulla lascivia. Egli tralasciò il momento della fuga e dell'inseguimento, Dafne qui si è già trasformata, in parte, in alloro, le sue braccia sono ormai rami e sulla sua testa è un tronco, proprio come nelle miniature della seconda metà del XV secolo, mentre Apollo è in ginocchio ai suoi piedi, ed abbraccia quello che ormai è solo il tronco di un albero. Il dio sembra credere di esser riuscito a raggiungere la ninfa, ma questa ha appena pregato il fiume Peneo, suo padre, di trasformarla, perché possa tener fede al suo voto di castità, perciò Apollo in realtà non l'avrà mai. Rispetto alle miniature medievali è qui evidente da parte dell'artista sia un forte recupero di modelli classici, soprattutto negli atteggiamenti e nelle posizioni dei vari personaggi, sia una precisa consapevolezza della distanza storica nell'abbigliamento di questi ultimi, per non parlare inoltre di un crescente naturalismo nell'ambientazione di tali scene mitiche, assai distante dalla precedente tradizione medievale.
Elisa Saviani