28: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Albrecht Dürer (attr.)

Datazione: 1502 circa

Collocazione:

Committenza:

Tipologia: illustrazione

Tecnica: incisione su legno (xilografia)

Soggetto principale: Dafne e Apollo 

Soggetto secondario: 

Personaggi: Apollo, Dafne

Attributi: arco e faretra, corona d’alloro (Apollo); rami d'alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio campestre con fiume e montagna sullo sfondo

Precedenti: Liberale da Verona, Apollo e Dafne, xilografia, fine XV sec. (Cfr. scheda opera 27)

Derivazioni: Maestro IB e l'Uccello, Apollo e Dafne, xilografia, inizio XVI sec. (Cfr. scheda opera 29); Agostino Veneziano, Apollo e Dafne, acquaforte, 1515-18 (Cfr. scheda opera 35); Barthel Beham, Apollo e Dafne, acquaforte, 1525 ca. (Cfr. scheda opera 40)

Immagini:  

Bibliografia: Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, , Droz, Ginevra 1969, p. 195, 248; Strauss W.L., Albrecht Dürer: Woodcuts and Woodblocks, Abaris, New York 1980, pp. 162f.-ill.; Margiotta A.-Mattirolo A., Il mito di Apollo e Dafne, in Giorgione e la cultura veneta tra Quattro e Cinquecento. Mito, allegoria, analisi iconologia, De Luca, Roma 1981, p. 164Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 326

Annotazioni redazionali: Sembra che Dürer, in seguito al suo primo viaggio a Venezia nel 1495, venisse invitato da un suo amico, l'umanista Willibald Pirckheimer, a cimentarsi nell'illustrazione di qualche tema mitologico, tuttavia non riconosciamo la mano dell'artista in questa incisione piuttosto goffa, che si ritiene invece replica di un originale dureriano perduto.Risulta qui evidente l'influenza della maniera all'antica degli artisti italiani subita certamente da Dürer durante il suo viaggio in Italia, egli sembra qui cercare di riappropriarsi della forma classica seguendo il modello dell'incisione di Liberale da Verona (Cfr. scheda opera 27), e rifuggendo quella tendenza a modernizzare il racconto mitologico, e a rivestire i protagonisti di abiti contemporanei, che era propria, ancora all'inizio del XVI secolo, dei nordici. Anche Dürer riprende qui l'iconografia tipica del momento della metamorfosi, per fissare il racconto ovidiano, senza indugiare su forme di tipo narrativo: raffigura un Apollo seminudo, coperto in parte da un mantello, con la faretra legata in vita, e l'arco nella sinistra, ed inoltre con la corona d'alloro già sulla sua testa, ad anticipare la conclusione della vicenda, che si slancia con impeto verso sinistra, allungando il suo braccio destro ad afferrare la ninfa davanti a lui. Tuttavia, come racconta Ovidio, Dafne, che indossa un semplice vestito lungo gonfiato dal vento, ha già iniziato qui a trasformarsi in alloro: le sue mani, sollevate verso l'alto per assumere così la loro posizione definitiva, stanno perdendo l'aspetto umano, ed hanno piuttosto l'aspetto di rametti, del resto rametti d'alloro spuntano anche sulla sua testa, mentre una delle sue gambe è già radice, perciò è evidente che Apollo, che pure sembra averla raggiunta, non potrà mai averla e soddisfare il suo desiderio. Questa scena, come quella di Liberale da Verona, è stata da Durer inserita in un paesaggio naturalistico, in cui sullo sfondo sembra di poter riconoscere anche un fiume, a suggerire il ruolo del dio-fiume Peneo, padre di Dafne, nella sua metamorfosi, tuttavia, è assente in questo caso ogni tipo di animale, e se vogliamo, sembrerebbe assente anche qualsiasi residuo legame con la tradizione medievale, ancor di più che nell’opera di Liberale da Verona.

                                                                                         Elisa Saviani