25: Apollo e Dafne

Titolo dell’opera: Apollo e Dafne

Autore: Anonimo incisore della seconda metà del XV sec.

Datazione: 1490 circa

Collocazione: Cent histoires de Troye (edizione a stampa dell’Epistre d’Othéa di Christine de Pisan), Parigi, Ph. Pigouchet (1490 circa), p. LXXXVII

Committenza:

Tipologia:

Tecnica: incisione su legno (xilografia)

Soggetto principale: Dafne e Apollo          

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne

Attributi: corona d’alloro (Apollo); busto in forma di rami d’alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio campestre

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, pp. 135-138

Annotazioni redazionali: Si tratta di un’illustrazione contenuta nell’edizione a stampa dell’Epitre d’Othéa di Christine de Pisan, pubblicata nel 1490 con il titolo appunto di Cent histoires de Troye. La storia del dio innamorato della ninfa, che dopo essere stata a lungo inseguita si trasforma in albero d’alloro, per rimanere casta e sfuggirgli, viene probabilmente utilizzata per spiegare l’origine dell’alloro, delle cui fronde erano incoronati i poeti ed i vincitori. Infatti, è qui raffigurato il momento finale della vicenda, senza alcun intento narrativo, con Dafne già mutata in alloro, almeno già nella parte superiore del corpo, proprio come descrive Ovidio, e come già avevano mostrato altre miniature di manoscritti dell’Epitre d’Othéa precedenti. Apollo ha smesso ormai di inseguire la ninfa, che desiderava avere, e le porge piuttosto una corona, fatta delle foglie della stessa pianta in cui Dafne si è trasformata, pronunciando probabilmente le parole del racconto ovidiano: “[…] Poiché non puoi essere moglie mia, sarai almeno il mio albero. O alloro, sempre io ti porterò sulla mia chioma, sulla mia cetra, sulla mia faretra. Tu sarai con i condottieri latini quando liete voci intoneranno il canto del trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. […] E come il mio capo è sempre giovanile con la chioma intonsa, anche tu porta sempre, senza mai perderlo, l’ornamento delle fronde!”. Il dio, che già indossa la corona d’alloro, ne solleva una verso Dafne, a voler sottolineare che, essendo lui immortale, avendo scelto la pianta d’alloro come sua pianta, anche questa non seccherà mai, ma sarà sempre verde. Per comprendere appieno questa raffigurazione è necessario inoltre tener conto dell’interpretazione allegorica che nell’opera Christine de Pisan forniva del mito classico: questo, infatti, doveva servire ad invitare il lettore a perseguire la corona d’alloro, simbolo della vittoria, ma anche delle azioni virtuose. L’anima poteva essere ricompensata con la vita eterna solo dopo che l’uomo avesse perseguito il bene e la virtù nell’esistenza terrena. Questo voleva essere il messaggio legato alla favola di Dafne, ed il testo, infatti, recita: “Se de Laurier coronne avoir/ Veulx qui mieux vault que nul avoir,/ Dampné te convient poursuyvir/ Et tu l’auras par bien suyvir//” (Storia LXXXVII). 

                                                                      Elisa Saviani