22: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Scuola del Mantenga, Michele da Verona (attr.)

Datazione: 1480circa

Collocazione: Parigi, Collezione Lazzaroni, già nella Collezione Litta-Mailand

Committenza:

Tipologia: pannello dicassone

Tecnica: tempera su tavola (106 x 165 cm)

Soggetto principale: Dafne e Apollo

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Dafne, Diana (?), gruppo di vergini cacciattrici

Attributi: arco e faretra (Apollo); corpo in forma d'alloro (Dafne); armi diverse (le vergini cacciatrici)

Contesto: paesaggio campestre con fiume

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Schubring P., Cassoni. Truhen und Truhenbilder der italianen Frührenaissance, Hiersemann, Leipzig 1923, I, n. 605, p. 359; Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 246

Annotazioni redazionali: Si tratta di una composizione alquanto singolare, dal momento che largo spazio, sulla destra ed in secondo piano al centro, viene dato a delle figure femminili armate che potrebbero identificarsi con le vergini cacciatrici compagne di Dafne. Le tre figure in abiti chiari, allineate lungo una diagonale che va dall'angolo in basso a sinistra verso l'angolo in alto a destra del pannello, con diversi tipi di armi, l'una un arco ed una faretra, un'altra una lancia, ed una terza uno strano strumento, difficile da definire, potrebbero, infatti, essere realmente delle cacciatrici compagne di Dafne. Tuttavia, una delle due in secondo piano al centro, che porta una lancia ed è vestita in modo leggermente differente, potrebbe essere piuttosto che una generica vergine cacciatrice, Diana stessa, accompagnata da un'ancella. Alla dea, infatti, Dafne si era votata, come ricorda Ovidio: "[...] silvarum tenebris captivarumque ferarum exuviis gaudens innuptaeque aemula Phoebes [...]", ossia "[...] e gode del buio dei boschi e delle spoglie degli animali selvatici che prende, emula della vergine Diana [...]" (I, 475-476). Alla conclusione e momento culminante del mito, invece, è dedicata solamente la sezione destra del pannello, con Apollo in abiti ancora non propriamente all'antica e mantello, che ha lasciato cadere a terra l'arco e la faretra per abbracciare la ninfa, che, tuttavia, quando viene raggiunta, ha già assunto l'aspetto di un albero d'alloro. Apollo, infatti, cinge qui uno fusto snello, alla cui sommità riconosciamo ancora la testa di Dafne non completamente trasformata: l'artista ha in tal modo riassunto l'intera vicenda eliminando l'elemento narrativo, e concentrandosi piuttosto sul momento culminante. Trattandosi di un pannello di cassone, solitamente dono di nozze, è, infatti, possibile che proprio la conclusione della favola fornisse lo spunto per un messaggio alla novella sposa: rifuggire cioè l'amore carnale, e ricercare solamente l'amore casto, come quello impersonato da Dafne, che per rimanere tale accetta anche la metamorfosi in vegetale.

                                                                                            Elisa Saviani