
Titolo dell'opera: Apollo e Dafne
Autore: Anonimo miniatore francese del XV sec.
Datazione: 1450-1460 circa
Collocazione: La Haye, Bibliotheque Royale, manoscritto de L'Epitre d'Othéa di Christine de Pisan, Ms. 74 G 27, fol. 83r.
Committenza:
Tipologia: illustrazione
Tecnica: miniatura
Soggetto principale: Dafne e Apollo
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Dafne
Attributi: testa in forma d'albero d'alloro (Dafne)
Contesto: paesaggio montano con rocce, e castello-fortezza sullo sfondo
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, pp. 151-152; Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 326
Annotazioni redazionali: Sulla destra si riconosce una figura maschile in abito lungo e con una sorta di cappello a cilindro, che si avvicina verso sinistra ad una figura femminile nuda. Questo personaggio, dal volto corrucciato, che non mostra nessuno dei classici attributi di Apollo, ed appare piuttosto abbigliato in abiti quattrocenteschi, come un chierico, ha la mano sinistra sollevata, come a voler fermare la figura femminile davanti a lui, che tuttavia, con la testa ormai trasformata in un tronco d'albero, sembra avanzare a caso, dritta verso quello che si direbbe un fiume, che si distende ai suoi piedi, e lungo il quale cammina il personaggio maschile. Il fiume in questione potrebbe essere proprio il Peneo, padre di Dafne, che la figlia, inseguita da Apollo, aveva invocato affinché l'aiutasse a sfuggire al dio. Peneo, perciò, potrebbe qui aver appena esaudito il desiderio della figlia. Il miniatore, infatti, seguendo fedelmente il racconto delle fonti antiche, ed in particolare quello ovidiano, ha raffigurato Dafne proprio nel momento della trasformazione in alloro, che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, comincia proprio dai capelli e dalla testa: "[...] in frondem crines [...] ora cacumen obit [...]" ossia, "[...] i capelli si allungano in fronde, [...] il volto svanisce in una cima [...]", narra Ovidio (I, 550,552). L'illustratore ha voluto, qui, lasciare una traccia del primitivo aspetto della ninfa nel suo corpo nudo, sia per mostrare la bellezza da cui il dio era stato catturato, sia per rendere probabilmente subito riconoscibile la storia illustrata. Tuttavia, ne è derivata una raffigurazione alquanto innaturale e fantastica, certamente ben lontana dalla sobrietà e rispondenza alle fonti delle rappresentazioni antiche, volta a soprattutto a suscitare la curiosità e lo stupore del lettore, oltre che una sua più facile identificazione, grazie agli abiti e all'ambientazione.
Elisa Saviani