36: Apollo e Dafne

Titolo dell'opera: Apollo e Dafne

Autore: Baldassare Peruzzi, o meglio bottega del Peruzzi; Giulio Romano (attr.)  

Datazione: 1517-1518 

Collocazione: Roma, Villa Farnesina, Salone delle Prospettive  

Committenza: Agostino Chigi

Tipologia: dipinto

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Dafne e Apollo 

Soggetto secondario: 

Personaggi: Apollo, Dafne, ninfe, divinità fluviali

Attributi: faretra (Apollo); gambe in forma di tronco (Dafne); dita delle mani e capelli in forma di rametti d'alloro (Dafne)

Contesto: paesaggio fluviale

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:   

Bibliografia: Prunetti M., Descrizione storico-critico mitologica delle celebri pitture esistenti nei Reali Palazzi Farnese a Farnesina in Roma, presso Francesco Bourlie, Roma 1816, p. 81; Stechow W., Apollo und Daphne,  Studien der Bibliothek Warburg, Leipzig 1932; Hess J., On Raphael and Giulio Romano, in "Gazette des Beaux-Arts", Settembre-Ottobre 1947, p. 99; Gerlini E., La Villa Farnesina in Roma, Libreria dello Stato, Roma 1949, pp. 31 e sgg.;  D'Ancona P., The Farnesina Frescoes at Rome, Il Milione, Milano 1955; Frommel C.L., Baldassare Peruzzi als Maler und Zeichner, A. Schroll, Vienna-Monaco 1967-68, cat. n. 51;Giraud Y., La fable de Daphné. Essai sur un type de métamorphose végétale dans la littérature et dans les arts jusqu'à la fin du XVII° siècle, Droz, Ginevra 1969, p. 249; Marsicola C., Peruzzi, Beccafumi, ed Agostino Chigi: storie complicate di senesi a Roma, in "Antologia di Belle Arti", 1980, 15-16, pp. 149-164; Dacos N., Ni Polidoro ni Peruzzi: Maturino, in "Revue de l'Art", 1982, 57, pp. 18-21; Varoli Piazza R., Il fregio della Sala delle Prospettive: un'ipotesi per la bottega del Peruzzi, in Baldassarre Peruzzi. Pittura, Scena e Architettura nel Cinquecento, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1987, pp. 363-398;Davidson Reid J.-Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 326; Ewering U., Der mythologische Fries der Sala delle Prospettive in der Villa Farnesina zu Rom, UNI Press, Münster 1993; Nykjaer M., La Villa Farnesina: identificazione di un motivo ovidiano nella Sala delle Prospettive, in "Analecta Romana Instituti Danici", 1993, pp.213-218

Annotazioni redazionali: Questa vasta sala, al primo piano della Villa Farnesina a Roma, trae il nome dalla decorazione di finte prospettive della città che si distende sulle pareti, opera del Peruzzi tra il 1517 ed il 1518. Tale decorazione prospettica è completata da finte nicchie con figure allegoriche monocromate, simulanti statue, ai lati delle colonne; mentre sopra l'architrave delle porte della sala, sono nicchie dipinte affiancate da amorini; ed ancora sulle cornici sopra di queste nicchie sono sedute delle figure di divinità. Nelle strombature delle finestre sono finte nicchie dipinte con figure allegoriche delle Arti; mentre sul camino è raffigurata la Fucina di Vulcano. Infine in alto, lungo tutte e quattro le pareti, corre un ampio fregio con scene di soggetto mitologico separate da finte erme. Tale fregio è stato in passato attribuito al Peruzzi, quindi a Giulio Romano, anche se lo stile sembrava leggermente diverso, ed è stato solo in seguito ai restauri del 1976-1983 che l'opera è stata definitivamente assegnata a cinque pittori principali operanti nella bottega del Peruzzi, coadiuvati da aiuti. Questa scena raffigurante Apollo e Dafne si trova sulla parete d'ingresso, dopo Deucalione e Pirra (Cfr. scheda opera relativa), e prima della Morte di Adone e della Puntura delle rose: non si tratta di una composizione di tipo narrativo, l'artista ci mostra qui il momento cruciale e nello stesso tempo conclusivo della vicenda. Apollo, che si è qui di nuovo riappropriato del suo aspetto classico, senza alcuna concessione verso una qualsiasi modernizzazione della raffigurazione, è nudo, coperto in parte da un mantello rosso e rosa, e porta la faretra, egli si protende verso Dafne, convinto ormai di averla raggiunta nella sua fuga, ma proprio mentre l'afferra si rende conto che questa ha iniziato a trasformarsi in un albero. Dafne vorrebbe proseguire la sua corsa, tanto che la parte superiore del suo corpo è sbilanciata in avanti, ma le sue gambe rimangono fissate al terreno, sono ormai tronco, e la sua metamorfosi sta per compiersi, nonostante il busto abbia ancora un aspetto femminile, visto che anche i suoi capelli sono ormai rami d'alloro proprio come le sue dita. Dafne sembra qui talmente preoccupata di Apollo, e del fatto che questo l'ha raggiunta, da non rendersi quasi conto che le sue preghiere di salvezza sono state ascoltate, e che il dio in realtà non potrà mai averla, essendo già alloro. Il personaggio disteso davanti a lei, con una folta barba bianca, che si appoggia ad un'urna, dovrebbe, infatti, impersonare il dio-fiume Peneo, il padre di Dafne, che ha ascoltato le preghiere della figlia e ha acconsentito alla sua trasformazione in albero, affinché questa possa tener fede al suo voto di castità. Tutte le altre figure disposte dal pittore attorno ai protagonisti principali, ninfe ed altre divinità fluviali, non fanno altro che contribuire a localizzare la scena, e non sembrano avere un ruolo fondamentale nella raffigurazione, come non lo hanno nel mito. Certamente va messo in evidenza l'importante legame del Peruzzi, e quindi anche della sua scuola, con l'antico: vi è una precisa volontà di rispettare la distanza storica fra mito e realtà contemporanea, ed un puntuale richiamarsi a modelli di statue o raffigurazioni che l'artista poté ammirare e studiare proprio a Roma. Quella fusione fra contenuto classico che era stato tramandato, e si era mantenuto vivo, durante tutto il Medioevo, e forma classica, che invece era stata dimenticata durante quello stesso periodo, preannunciata in già in alcune opere della fine del Quattrocento e dell'inizio del Cinquecento, sembra qui quasi riuscita del tutto.    

                                                                                         Elisa Saviani