08: Mercurio e Argo

Titolo dell’opera: Io, Argo, Ermes

Autore:

Datazione: 40-30 a.C.

Collocazione: Roma, Casa di Livia, Sala di Polifemo                

Committenza:

Tipologia: dipinto murale

Tecnica: affresco (2,30 x 1,60 m)

Soggetto principale: Mercurio sopraggiunge a liberare Io, custodita da Argo

Soggetto secondario:

Personaggi: Io, Argo, Mercurio

Attributi:

Contesto: paesaggio con rocce e alberi

Precedenti: Nikias, Io, Argo, Ermes(?),  Tomba di Filippo II, Verghino, 340 a.C ca.

Derivazioni:

Immagini: http://www.sullacrestadellonda.it/mitologia/argo.htm;

http://harpy.uccs.edu/roman/argmu.jpg

http://www.sullacrestadellonda.it/mitologia/argo.htmBibliografia: Rizzo E.G., Le pitture della casa di Livia, Libreria dello Stato, Roma 1936, pp. 5-25; Schefold K., Pompejanische Malerei: Sinn und Ideengeschichte, Benno Schwabe & Co., Basel 1952, p. 143; Moreno P., Storia e civiltà dei greci, Bompiani, Milano 1989, vol. 6, pp. 100 e segg.; Andronikos M., Vergina: the royal tombs and the ancient city, Ekdotike Athenon, Atene 1991; Baldassare I., Pantrandolfo A., Rouveret A., Salvadori M., La pittura romana: dall'ellenismo al tardo antico, Motta Editore, Milano 2002, pp. 138-139, 151-154; Pesando P., La pittura, in Pompei. La pittura, Giunti,Milano 2003, pp. 17-18

Annotazioni Redazionali: Lacasa di Livia, così chiamata poiché si ritiene fosse l’abitazione di Livia, moglie dell’imperatore Augusto, si trova sul pendio meridionale del Palatino, a poca distanza dalla domus tiberiana. L’affresco con Io, Argo e Ermes, si trova nella Sala di Polifemo, probabile tablinium dell’edificio. In esso sono visibili i tre protagonisti della storia “naturalizzati” secondo il gusto dell’età dell’oro augustea e nella rivisitazione dello stile greco-ellenistico. Infatti, come racconta Plinio nella Naturalis Historia (XXXV, 132), il pittore Nikias aveva realizzato, nella prima metà del IV sec. a.C., un dipinto pressoché identico, nella tomba di Filippo II a Verghina. Gli affreschi della casa di Livia, dunque, non solo si collocano nella fase matura del II stile della pittura romana, ma s’inseriscono pienamente nella rilettura di dipinti classici tipica d’inizio impero. Io, seduta al centro della scena, ha alle sue spalle, tra le rocce, una colonna esagonale con in cima una divinità femminile; dietro le rocce, due alberi che spandono i loro rami nella parte superiore dell’affresco. La fanciulla è dipinta con sembianze umane e ad evocare la trasformazione in giovenca, ci sono soltanto delle piccole corna sulla fronte; Io indossa un chitone blu-azzurro, che all’origine doveva essere viola, ed è rivolta verso Argo, che la guarda, palesando il suo ruolo di custode. Il pastore dai cento occhi, non ha niente che ci ricordi né questo attributo, né il suo aspetto mostruoso: è raffigurato come un giovane atletico praticamente nudo, con in mano una spada. Sulla sinistra, dietro le rocce, sopraggiunge Ermes, in clamide color giallo-bruno e petaso grigio-azzurro, ma anche lui senza particolari connotazioni “divine”, che possano deviare il gusto dell’affresco dalla naturalità e verosimiglianza che lo caratterizza. La posizione defilata di Ermes e, in generale, l’apparente squilibrio provocato alla dinamica della composizione, ha generato alcune ipotesi riguardo la sua probabile assenza dal dipinto greco. Resta intatto il nome della divinità, in greco, sulla roccia alla sua sinistra, ed è certo che ci fossero i nomi anche sotto Io e Argo, come testimoniano i disegni dell’epoca del rinvenimento della villa (1869 ca.).  

Francesca Pagliaro