Il leone e il pastore

"Un leone, mentre vagabondava, calpestò una spina e subito si recò da un pastore agitando la coda in atteggiamento amichevole. Gli disse: "Non spaventarti: il cibo non mi manca, ma ti scongiuro di aiutarmi". Sollevata la zampa, la posò in grembo all’uomo. Il pastore gli estrasse la spina dalla zampa. Il leone ritornò nei boschi. Poi però il pastore viene falsamente accusato di un delitto e nei giochi che si celebrano poco dopo, tratto dal carcere, viene gettato in pasto alle belve. Mentre le fiere andavano correndo di qua e di là, un leone, che era quello stesso che era stato medicato tempo addietro, lo riconobbe. E di nuovo, sollevata la zampa, la pose in grembo al pastore. Quando il re venne a conoscenza di questo, ordinò che il leone fosse risparmiato e che il buon pastore fosse restituito ai genitori.

Questa favola spiega perché le torture dei nemici non potranno mai avere la meglio nei confronti di chi si comporta bene."

 

P.S:La favola in questione, accennata in Seneca e ripresa da Gellio, è assente in Fedro. Essa si tramanda, tuttavia, all’età medievale nell’ambito del corpus "esopiano" (Rom. III,1; Cod. Wiss. III,1). Per la versione adottata si fa riferimento alla raccolta del monaco Ademaro, risalente all’XI sec. (Ademaro di Chabannes, Favole, a cura di F. Bertini e P. Gatti, Genova, 1988)